Preistoria

Il 10 settembre 2015 rimarrà nella storia come il giorno in cui Lee Berger, John Hawks e decine di altri esperti mondiali hanno svelato al mondo la scoperta di un nuovo tassello evolutivo del genere Homo, Homo naledi, via eLife Science: "Homo naledi, a new species of the genus Homo from the Dinaledi Chamber, South Africa" http://elifesciences.org/content/elife/4/e09560.full.pdf A parte la meravigliosa scelta di pubblicare l'articolo su un giornale open-access, aspecto notato forse solo da pochi fan dell'OA, l'impatto dei risultati ha avuto un eco mondiale, arrivando ad essere oggetto di conversazioni in piazza, bar, famiglia e facendo brillare di luce riflessa (almeno per qualche ora) anche tutti noi esperti, appassionati o manovali del settore. Tante cose sono state dette più o meno vere sulle scoperte di Dinaledi, anche da fonti considerate autorevoli dai più, per creare un effetto sensazionalistico su una notizia che già sensazionale per sé. Troppo spesso le parole sono oggetto di pericolose interpretazioni da parte dei media, anche se scritte nero su bianco su una scientifica pubblicazione accessibile a tutti (ho già parlato della meravigliosa scelta di pubblicare su un giornale open-access??).
Il 10 settembre 2015 rimarrà nella storia come il giorno in cui Lee Berger, John Hawks e decine di altri esperti mondiali hanno svelato al mondo la scoperta di un nuovo tassello evolutivo del genere Homo, Homo naledi, via eLife Science: "Homo naledi, a new species of the genus Homo from the Dinaledi Chamber, South Africa" http://elifesciences.org/content/elife/4/e09560.full.pdf A parte la meravigliosa scelta di pubblicare l'articolo su un giornale open-access, aspecto notato forse solo da pochi fan dell'OA, l'impatto dei risultati ha avuto un eco mondiale, arrivando ad essere oggetto di conversazioni in piazza, bar, famiglia e facendo brillare di luce riflessa (almeno per qualche ora) anche tutti noi esperti, appassionati o manovali del settore. Tante cose sono state dette più o meno vere sulle scoperte di Dinaledi, anche da fonti considerate autorevoli dai più, per creare un effetto sensazionalistico su una notizia che già sensazionale per sé. Troppo spesso le parole sono oggetto di pericolose interpretazioni da parte dei media, anche se scritte nero su bianco su una scientifica pubblicazione accessibile a tutti (ho già parlato della meravigliosa scelta di pubblicare su un giornale open-access??).

Homo naledi. Tra stupenda realtà e fantascienza mediatica

12 Settembre, 2015
Categorie:  Evoluzione Nuovi Ritrovamenti Preistoria
Tags:  africa   evoluzione   homo   naledi  

Il 10 Settembre 2015 resterà nella storia come il giorno in cui Lee Berger, John Hawks e decine di altri esperti mondiali hanno svelato al mondo la scoperta di un nuovo tassello evolutivo del genere Homo, Homo naledi, tramite eLife Science: “Homo naledi, a new species of the genus Homo from the Dinaledi Chamber, South Africa” http://elifesciences.org/content/elife/4/e09560.full.pdf A parte la meravigliosa scelta di pubblicare l’articolo su un giornale open-access, aspetto notato forse solo da pochi fan dell’OA, l’impatto dei risultati ha avuto un eco mondiale, arrivando ad essere oggetto di conversazioni in piazza, bar, famiglia e facendo brillare di luce riflessa (almeno per qualche ora) anche tutti noi esperti, appassionati o manovali del settore.

Diffondiamo un comunicato stampa appena ricevuto: Nell'ambito del Recording Rock Art Fieldwork organizzato dal Centro Camuno di Studi Preistorici - Dipartimento Valcamonica per il 2015, si segnalano le conferenze serali aperte al pubblico, che si terranno presso il Museo della Riserva a Nadro di Ceto: – venerdì 24 Luglio h. 18.30: "Le peculiarità tematiche nell'arte rupestre camuna" - Umberto Sansoni – Martedì 28 Luglio h. 20.30: "Art rupestre de l'Armenie: étude du cas de l'Oughtassar" - Ani Danielyan – Mercoledì 29 Luglio h. 20.30: "Pintashgamachay: quilcas andine" - Rosina Irene Chiurazzi Morales – venerdì 31 Luglio h. 20.30: "Recording Rock Art Fieldwork 2015 – Foppe di Nadro ritrovata" - Silvana Gavaldo, Paolo Medici, Cristina Gastaldi. Per informazioni: http://www.simbolisullaroccia.it/ http://www.ccsp.
Diffondiamo un comunicato stampa appena ricevuto: Nell'ambito del Recording Rock Art Fieldwork organizzato dal Centro Camuno di Studi Preistorici - Dipartimento Valcamonica per il 2015, si segnalano le conferenze serali aperte al pubblico, che si terranno presso il Museo della Riserva a Nadro di Ceto: – venerdì 24 Luglio h. 18.30: "Le peculiarità tematiche nell'arte rupestre camuna" - Umberto Sansoni – Martedì 28 Luglio h. 20.30: "Art rupestre de l'Armenie: étude du cas de l'Oughtassar" - Ani Danielyan – Mercoledì 29 Luglio h. 20.30: "Pintashgamachay: quilcas andine" - Rosina Irene Chiurazzi Morales – venerdì 31 Luglio h. 20.30: "Recording Rock Art Fieldwork 2015 – Foppe di Nadro ritrovata" - Silvana Gavaldo, Paolo Medici, Cristina Gastaldi. Per informazioni: http://www.simbolisullaroccia.it/ http://www.ccsp.

Ciclo di conferenze sull’arte rupestre in Valcamonica

23 Luglio, 2015
Categorie:  Conferenze Eventi Preistoria Visite

Diffondiamo un comunicato stampa appena ricevuto: Nell’ambito del Recording Rock Art Fieldwork organizzato dal Centro Camuno di Studi Preistorici - Dipartimento Valcamonica per il 2015, si segnalano le conferenze serali aperte al pubblico, che si terranno presso il Museo della Riserva a Nadro di Ceto: – Venerdì 24 Luglio h. 18.30: “Le peculiarità tematiche nell’arte rupestre camuna” - Umberto Sansoni – Martedì 28 Luglio h. 20.30: “Art rupestre de l’Armenie: étude du cas de l’ Oughtassar” - Ani Danielyan

"C'erano una volta 265 pietre dipinte con l'ocra rossa. Una di queste era l'effigie di una misteriosa figura, forse umana, forse sciamanica. Tredicimila anni fa il luogo in cui le pietre svolgevano qualche funzione rituale, era un precipizio preistorico che entrava per trenta metri sottoterra, immersi nelle bosche a milledue metri di altitudine, al confine tra oggi Veneto e Trentino, sull'Altopiano della Marcesina. Ai nostri tempi il Riparo Dalmeri è diventato un sito archeologico di rilevante importanza per la storia locale, alpina e europea. Oggi alle 14 ore si inaugura la nuova stagione estiva di attività di animazione e divulgazione, grazie agli appassionati operatori del Museo di Trento. Il Riparo Dalmeri prende il suo nome dal studioso trentino che scoprì e riconobbe i significati, Giampaolo Dalmeri, che, nella primavera del 1990 individuò il sottoterra in cui fu fatto un primo sondaggio manuale. Le evidenti e entusiasmanti tracce della presenza dell'uomo diedero il via a serie di stratigrafiche investigazioni, continuate fino al 2009. Le ricerche furono condotte dalla Sezione di Preistoria dell'allora Museo di Natural Science, poi divenuta Muse.
"C'erano una volta 265 pietre dipinte con l'ocra rossa. Una di queste era l'effigie di una misteriosa figura, forse umana, forse sciamanica. Tredicimila anni fa il luogo in cui le pietre svolgevano qualche funzione rituale, era un precipizio preistorico che entrava per trenta metri sottoterra, immersi nelle bosche a milledue metri di altitudine, al confine tra oggi Veneto e Trentino, sull'Altopiano della Marcesina. Ai nostri tempi il Riparo Dalmeri è diventato un sito archeologico di rilevante importanza per la storia locale, alpina e europea. Oggi alle 14 ore si inaugura la nuova stagione estiva di attività di animazione e divulgazione, grazie agli appassionati operatori del Museo di Trento. Il Riparo Dalmeri prende il suo nome dal studioso trentino che scoprì e riconobbe i significati, Giampaolo Dalmeri, che, nella primavera del 1990 individuò il sottoterra in cui fu fatto un primo sondaggio manuale. Le evidenti e entusiasmanti tracce della presenza dell'uomo diedero il via a serie di stratigrafiche investigazioni, continuate fino al 2009. Le ricerche furono condotte dalla Sezione di Preistoria dell'allora Museo di Natural Science, poi divenuta Muse.

Cibo per la mente. Apre la stagione al riparo Dalmeri

7 Luglio, 2015
Categorie:  Eventi Evoluzione Preistoria Visite

"C'erano una volta 265 pietre dipinte con l'ocra rossa. Una di esse recava l'effigie di una misteriosa figura, forse umana, forse sciamanica. Tredicimila anni fa il luogo ove le pietre svolgevano qualche funzione rituale, era un preistorico riparo che entrava per trenta metri sottoroccia, immerso negli ombrosi boschi a milleduecento metri di altitudine, al confine fra gli odierni Veneto e Trentino, sull'Altopiano della Marcesina. Ai tempi nostri il cosiddetto Riparo Dalmeri è divenuto un sito archeologico di rilevante importanza per la storia locale, alpina ed europea.

ciclo di conferenze, nell’area del progetto “L’ultimo Neanderthal in Friuli”, dell’équipe dell’Università degli Studi di Ferrara che sta scavando, sotto la direzione del Prof. Marco Peresani e del Dottor Matteo Romandini, dal 2010 nella Grotta del Rio Secco (Altopiano di Pradis, Prealpi Carniche, Pn), uno dei rare siti del Paleolitico Medio italiano e europeo che ha restituito certe tracce dell’uccisione e del consumo dell’orso da parte dell’uomo di Neanderthal. L’altopiano di Pradis si sta rivelando sempre più ricco di sorprese e i risultati che ha dato fino ad ora sulla ultima frequentazione neanderthaliana è a livelli internazionali. E’ un sito che merita di essere promosso e ricevere la più visibilità possibile in quanto fiore all’occhiello per tutto il Friuli. – venerdì 3 luglio 2015, ore 17.30, a UDINE, Torre di Porta Villalta, via Micesio 2, conferenza del Dottor Gregorio Oxilia (Università di Firenze e Università di Ferrara), dal titolo “Evoluzione nutrizionale...il primo vero EXPO dei primati umani. Alcune prove locali nella Valle della Preistoria di Pradis”.
ciclo di conferenze, nell’area del progetto “L’ultimo Neanderthal in Friuli”, dell’équipe dell’Università degli Studi di Ferrara che sta scavando, sotto la direzione del Prof. Marco Peresani e del Dottor Matteo Romandini, dal 2010 nella Grotta del Rio Secco (Altopiano di Pradis, Prealpi Carniche, Pn), uno dei rare siti del Paleolitico Medio italiano e europeo che ha restituito certe tracce dell’uccisione e del consumo dell’orso da parte dell’uomo di Neanderthal. L’altopiano di Pradis si sta rivelando sempre più ricco di sorprese e i risultati che ha dato fino ad ora sulla ultima frequentazione neanderthaliana è a livelli internazionali. E’ un sito che merita di essere promosso e ricevere la più visibilità possibile in quanto fiore all’occhiello per tutto il Friuli. – venerdì 3 luglio 2015, ore 17.30, a UDINE, Torre di Porta Villalta, via Micesio 2, conferenza del Dottor Gregorio Oxilia (Università di Firenze e Università di Ferrara), dal titolo “Evoluzione nutrizionale...il primo vero EXPO dei primati umani. Alcune prove locali nella Valle della Preistoria di Pradis”.

L’ultimo Neanderthal in Friuli. Ciclo di conferenze

30 Giugno, 2015
Categorie:  Campi Scavo Comunicati stampa Conferenze Eventi Evoluzione Nuovi Ritrovamenti Preistoria Scavi Visite

Ciclo di conferenze, nell’ambito del progetto “L’ultimo Neanderthal in Friuli”, dell’équipe dell’Università degli Studi di Ferrara che sta scavando, sotto la direzione del Prof. Marco Peresani e del Dott. Matteo Romandini, dal 2010 nella**Grotta del Rio Secco (Altopiano di Pradis, Prealpi Carniche, Pn),** uno dei rari siti del Paleolitico Medio italiano ed europeo ad aver restituito tracce certe dell’uccisione e del consumo dell’orso da parte dell’uomo di Neanderthal. L’altopiano di Pradis si sta rivelando sempre più ricco di sorprese e i risultati che ha dato fino a questo momento sull’ultima frequentazione neandertaliana è a livelli internazionali.

Dopo più di 40 anni, i scavi nella grotta preistorica "Romanelli", una delle più importanti testimonianze della presenza dell'uomo paleolitico in Italia. Alla cavità naturale, il cui ingresso è ostacolato da una grata in ferro, si può accedere solo via mare ed è situato nel cuore del parco costiero "Otranto, Santa Maria di Leuca e forest di Tricase" al confine con il territorio di Santa Cesarea Terme. La grotta rappresenta un sito di significato mondiale per lo studio della preistoria, dell'evoluzione umana e dei cambiamenti climatici avvenuti nel corso degli ultimi 100 mila anni. La ripresa dei lavori di scaveggio e di ricerca scientifica sarà presentata nei prossimi giorni al castello Aragonese di Castro, alla presenza del Soprintendente per l'Archeologia della Puglia, il professor Luigi La Rocca e del dottor Salvatore Bianco, della Soprintenenza e coordinatore del Centro per l' Archeologia del Salento, oltre ai direttori Raffaele Sardella e Massimo Massussi, del dipartimento di Scienze della Terra della Sapienza presso l'Università di Roma.
Dopo più di 40 anni, i scavi nella grotta preistorica "Romanelli", una delle più importanti testimonianze della presenza dell'uomo paleolitico in Italia. Alla cavità naturale, il cui ingresso è ostacolato da una grata in ferro, si può accedere solo via mare ed è situato nel cuore del parco costiero "Otranto, Santa Maria di Leuca e forest di Tricase" al confine con il territorio di Santa Cesarea Terme. La grotta rappresenta un sito di significato mondiale per lo studio della preistoria, dell'evoluzione umana e dei cambiamenti climatici avvenuti nel corso degli ultimi 100 mila anni. La ripresa dei lavori di scaveggio e di ricerca scientifica sarà presentata nei prossimi giorni al castello Aragonese di Castro, alla presenza del Soprintendente per l'Archeologia della Puglia, il professor Luigi La Rocca e del dottor Salvatore Bianco, della Soprintenenza e coordinatore del Centro per l' Archeologia del Salento, oltre ai direttori Raffaele Sardella e Massimo Massussi, del dipartimento di Scienze della Terra della Sapienza presso l'Università di Roma.

Riprendono gli scavi a Grotta Romanelli

29 Giugno, 2015
Categorie:  Campi Scavo Preistoria Scavi

Dopo oltre 40 anni riprendono gli scavi nella grotta preistorica “Romanelli”, una delle più importanti testimonianze della presenza dell’uomo paleolitico in Italia. Alla cavità naturale, il cui ingresso è ostruito da una grata in ferro, si può accedere solo per via mare ed è ubicata nel cuore del parco costiero “Otranto, Santa Maria di Leuca e bosco di Tricase” al confine con il territorio di Santa Cesarea Terme. La grotta rappresenta un sito di importanza mondiale per lo studio della preistoria, dell’evoluzione umana e dei cambiamenti climatici avvenuti nel corso degli ultimi 100 mila anni.

Reperti archeologici dei nativi artici stanno velocemente deteriorando a causa del cambiamento climatico che influenza la conservazione dei pezzi organici nel permafrost. Interi archivi archeologici depositati al Museo del Nord in Alaska mostrano come negli ultimi anni i nuovi reperti abbiano un grado di deterioramento in continua, preoccupante crescita.
Reperti archeologici dei nativi artici stanno velocemente deteriorando a causa del cambiamento climatico che influenza la conservazione dei pezzi organici nel permafrost. Interi archivi archeologici depositati al Museo del Nord in Alaska mostrano come negli ultimi anni i nuovi reperti abbiano un grado di deterioramento in continua, preoccupante crescita.

Cambiamento climatico: interi archivi preistorici artici in grave deterioramento

24 Giugno, 2015
Categorie:  Curiosità Estero Metodologie archeologiche Preistoria

Reperti archeologici dei nativi artici stanno velocemente deteriorando a causa del cambiamento climatico che influenza la conservazione dei pezzi organici nel permafrost. Interi archivi archeologici depositati al Museo del Nord in Alaska mostrano come negli ultimi anni i nuovi reperti abbiano un grado di deterioramento in continua, preoccupante crescita. “Josh Reuther opens the heavy door to the artifact repository at the University of Alaska Fairbanks’s Museum of the North. Reuther is a professor of archeology and a curator at the museum, he says over the past few years the museum has been getting more artifacts that are more deteriorated than those excavated decades ago.

Incredibili pitture rupestri preistoriche scoperte e filmate in Colombia grazie ad una troupe in elicottero. L'aera della Colombia in cui sono stati trovate è estremamente remota e questa è la prima volta che queste pitture vengono riprese o fotografate. Centinaia di animali e cacciatori sono stati dipinti in ocra rossa in un riparo all'interno del Parco Nazionale di Chiribiquete. La mano di un artista sconosciuto del passato è riuscito a ricreare immagini di giaguari, coccodrilli e cacciatori danzanti di estrema naturalezza. "Un regista della natura britannica è tornato da una delle parti più inaccessibili del mondo con immagini straordinarie dell'arte della roccia che non è mai stata filmata prima. In una zona della Colombia così vasta e remota che ancora non si è fatto contatto con alcune tribù che pensano di viverci, Mike Slee ha usato un elicotter per filmare centinaia di disegni di cacciatori e animali che pensano di essere stati creati migliaia di anni fa. Ha detto: "Abbiamo truppe in tutto il posto e elicotteri che filmavano in tutta la Colombia. Come fotografo, Francisco Forero Bonell ha scoperto e ha scattato le foto per il mio film.
Incredibili pitture rupestri preistoriche scoperte e filmate in Colombia grazie ad una troupe in elicottero. L'aera della Colombia in cui sono stati trovate è estremamente remota e questa è la prima volta che queste pitture vengono riprese o fotografate. Centinaia di animali e cacciatori sono stati dipinti in ocra rossa in un riparo all'interno del Parco Nazionale di Chiribiquete. La mano di un artista sconosciuto del passato è riuscito a ricreare immagini di giaguari, coccodrilli e cacciatori danzanti di estrema naturalezza. "Un regista della natura britannica è tornato da una delle parti più inaccessibili del mondo con immagini straordinarie dell'arte della roccia che non è mai stata filmata prima. In una zona della Colombia così vasta e remota che ancora non si è fatto contatto con alcune tribù che pensano di viverci, Mike Slee ha usato un elicotter per filmare centinaia di disegni di cacciatori e animali che pensano di essere stati creati migliaia di anni fa. Ha detto: "Abbiamo truppe in tutto il posto e elicotteri che filmavano in tutta la Colombia. Come fotografo, Francisco Forero Bonell ha scoperto e ha scattato le foto per il mio film.

Incredibile arte rupestre preistorica fotografata in Colombia per la prima volta

22 Giugno, 2015
Categorie:  Nuovi Ritrovamenti Preistoria

Incredibili pitture rupestri preistoriche scoperte e filmate in Colombia grazie ad una troupe in elicottero. L’aera della Colombia in cui sono state trovate è estremamente remota e questa è la prima volta che queste pitture vengono riprese o fotografate. Centinaia di animali e cacciatori sono stati dipinti in ocra rossa in un riparo all’interno del Chiribiquete national park. La mano di un artista sconosciuto del passato è riuscito a ricreare immagini di giaguari, coccodrilli e cacciatori danzanti di estrema naturalezza.

Il 21 giugno, alle 10 a.m. all'archeoParc, c'è l'inaugurazione della mostra "Ma Ötzi, che lingua parlava?". La mostra racconta la storia della lingua e delle lingue, iniziando dalle origini fino ai nostri giorni. Da quando"è che parliamo? Quale lingua usava Ötzi? E perché abbiamo iniziato a scrivere? Queste e altre domande sono alla base della mostra che sarà inaugurata il 21 giugno, alle 10 a.m. all'archeoParc della Val Senales. "Ma Ötzi, che lingua parlava?" si occupa della genesi e dell'evoluzione della lingua parlata e scritta, focalizzando soprattutto sulle lingue della regione alpina e i tempi di Ötzi. La mostra è stata realizzata da un gruppo di persone con il capo Simona Marchesini, archeologica e linguista di Verona, e Johanna Niederkofler, Direttrice dell'archeoParc. La dott.ssa Niederkofler spiega come è nata l'idea della mostra: "Spesso io e il mio team siamo chiamati dai visitatori a confrontarci sulla domanda se Ötzi parlava e quale fosse la sua lingua." La dott.
Il 21 giugno, alle 10 a.m. all'archeoParc, c'è l'inaugurazione della mostra "Ma Ötzi, che lingua parlava?". La mostra racconta la storia della lingua e delle lingue, iniziando dalle origini fino ai nostri giorni. Da quando"è che parliamo? Quale lingua usava Ötzi? E perché abbiamo iniziato a scrivere? Queste e altre domande sono alla base della mostra che sarà inaugurata il 21 giugno, alle 10 a.m. all'archeoParc della Val Senales. "Ma Ötzi, che lingua parlava?" si occupa della genesi e dell'evoluzione della lingua parlata e scritta, focalizzando soprattutto sulle lingue della regione alpina e i tempi di Ötzi. La mostra è stata realizzata da un gruppo di persone con il capo Simona Marchesini, archeologica e linguista di Verona, e Johanna Niederkofler, Direttrice dell'archeoParc. La dott.ssa Niederkofler spiega come è nata l'idea della mostra: "Spesso io e il mio team siamo chiamati dai visitatori a confrontarci sulla domanda se Ötzi parlava e quale fosse la sua lingua." La dott.

Ma Ötzi, che lingua parlava? "‹Una mostra sulla storia della lingua all'archeoParc della Val Senales

19 Giugno, 2015
Categorie:  Comunicati stampa Eventi Evoluzione Mostre Musei Preistoria Visite

Domenica 21 giugno alle ore 10:00 all’archeoParc ha luogo l’inaugurazione della mostra “Ma Ötzi, che lingua parlava?”. La mostra racconta la storia del linguaggio e delle lingue, iniziando dalle origini fino ai giorni nostri. Da quand"è che parliamo? Quale lingua usava Ötzi? E perché abbiamo iniziato a scrivere? Queste e altre domande stanno alla base della mostra che verrà inaugurata domenica 21 giugno alle ore 10:00 all’archeoParc della Val Senales.

Graffiti, pitture parietali con cavalli rossi, impronte di mani e molto altro simile a differenti fasi del Paleolitico, è quello che si conserva anche nella Grotta Paglicci, a pochi km da Rignano Garganico, nel foggiano. Un riparo sotto roccia e una grotta attigua. Uno dei siti d'interesse archeologico di maggiorrilievo in Italia per la foridabile sequenza culturale oltre a i documenti che ha fornito sul culto dei morti e nel campo dell'arte. Ma non per questo tutelato e valorizzato, come accade invece Oltralpe. "Un dei tanti problemi che non si riesce a risolvere è quello dell'esproprio. Da 50 anni il sito continua a rimanere una proprietà privata. Circostanza questa che non facilita la conservazione, messa a repentaglio dall'erosione climatica e da interventi antropici. Così parte del riparo esterno e la prima parte della grotta, dove è stato scavato per più di 40 anni, è soggetta a crolli e è molto rischioso, per gli studiosi o per chi si savventura, avvicinarsi alla grotta". Parlando è Vincenzo Pazienza, Presidente del Centro Studi Paglicci, l'Associazione che cerca di promuovere il sito.
Graffiti, pitture parietali con cavalli rossi, impronte di mani e molto altro simile a differenti fasi del Paleolitico, è quello che si conserva anche nella Grotta Paglicci, a pochi km da Rignano Garganico, nel foggiano. Un riparo sotto roccia e una grotta attigua. Uno dei siti d'interesse archeologico di maggiorrilievo in Italia per la foridabile sequenza culturale oltre a i documenti che ha fornito sul culto dei morti e nel campo dell'arte. Ma non per questo tutelato e valorizzato, come accade invece Oltralpe. "Un dei tanti problemi che non si riesce a risolvere è quello dell'esproprio. Da 50 anni il sito continua a rimanere una proprietà privata. Circostanza questa che non facilita la conservazione, messa a repentaglio dall'erosione climatica e da interventi antropici. Così parte del riparo esterno e la prima parte della grotta, dove è stato scavato per più di 40 anni, è soggetta a crolli e è molto rischioso, per gli studiosi o per chi si savventura, avvicinarsi alla grotta". Parlando è Vincenzo Pazienza, Presidente del Centro Studi Paglicci, l'Associazione che cerca di promuovere il sito.

Puglia, grotta Paglicci: la grotta del Paleolitico a rischio crollo

10 Giugno, 2015
Categorie:  Evoluzione Mala Archeologia Preistoria Scavi Visite

Graffiti, pitture parietali con cavalli rossi, impronte di mani e molto altro riferibile a fasi differenti del Paleolitico, è quel che si conserva anche a Grotta Paglicci, a pochi chilometri da Rignano Garganico, nel foggiano. Un riparo sotto roccia e una grotta attigua. Uno dei siti di interesse archeologico di maggior rilievo in Italia per la formidabile sequenza culturale oltre che per i documenti che ha fornito sul culto dei morti e nel campo dell’arte.

Da un osso mascellare di UAM, o homo sapiens, scoperto nel 2002 in Romania, è stato estratto ed analizzato un campione di DNA. I risultati dell’analisi sono stati sorprendenti: dal 4.8% al 11.3% del genoma del ragazzo rumeno paleolitico ha derivazione neandertaliana. Questa è la prima e vera prova di un incrocio neandertal-sapiens in territorio europeo! “Un giovane uomo che viveva in Romania da 37 000 a 42 000 anni ereditò circa un decimo del suo DNA da un antenato neandertal, secondo un nuovo studio dell’antico DNA. Da quando i spelucchierini hanno trovato un robusto cranio in una grotta in Romania nel 2002, alcuni paleoantropologi hanno pensato che i suoi enormi denti di saggezza e altre caratteristiche assomigliassero a quelli dei Neanderthal anche se il fossile era un umano moderno. Ora, sequenziando parti informativi del genoma dell’uomo rumano, un team internazionale di ricercatori ha scoperto che aveva ereditato 4.8% a 11.3% del suo genoma da un Neandertal che viveva solo 200 anni prima, secondo un discorso di questo mese al Cold Spring Harbor Laboratory a New York.
Da un osso mascellare di UAM, o homo sapiens, scoperto nel 2002 in Romania, è stato estratto ed analizzato un campione di DNA. I risultati dell’analisi sono stati sorprendenti: dal 4.8% al 11.3% del genoma del ragazzo rumeno paleolitico ha derivazione neandertaliana. Questa è la prima e vera prova di un incrocio neandertal-sapiens in territorio europeo! “Un giovane uomo che viveva in Romania da 37 000 a 42 000 anni ereditò circa un decimo del suo DNA da un antenato neandertal, secondo un nuovo studio dell’antico DNA. Da quando i spelucchierini hanno trovato un robusto cranio in una grotta in Romania nel 2002, alcuni paleoantropologi hanno pensato che i suoi enormi denti di saggezza e altre caratteristiche assomigliassero a quelli dei Neanderthal anche se il fossile era un umano moderno. Ora, sequenziando parti informativi del genoma dell’uomo rumano, un team internazionale di ricercatori ha scoperto che aveva ereditato 4.8% a 11.3% del suo genoma da un Neandertal che viveva solo 200 anni prima, secondo un discorso di questo mese al Cold Spring Harbor Laboratory a New York.

Genetica: ecco la prima prova di incrocio Neandertal – Sapiens in Europa!

27 Maggio, 2015
Categorie:  Evoluzione Genetica Preistoria

Da un osso mascellare di UAM, o homo sapiens, scoperto nel 2002 in Romania, è stato estratto ed analizzato un campione di DNA. I risultati dell’analisi sono stati sorprendenti: dal 4.8% al 11.3% del genoma del ragazzo rumeno paleolitico ha derivazione neandertaliana. Questa è la prima e vera prova di un incrocio neandertal-sapiens in territorio europeo! “A young man who lived in Romania 37,000 to 42,000 years inherited as much as one-tenth of his DNA from a Neandertal ancestor, according to a new study of ancient DNA.


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