Evoluzione

Basandosi su nuove scoperte di DNA fossile, ricercatori ipotizzano che un'ondata migratoria di Early Sapiens, o una specie molto vicina alla nostra, sia arrivata dall'Africa all'Europa. In Europa, si sarebbero incrociati con il Neanderthal, per poi scomparire completamente. Ma parte del loro patrimonio genetico continuò a sopravvivere tutto l'interno del DNA neandertaliano. Leggetevi l'articolo completo del New York Times per un affascinante resoconto sugli studi genetici, sul rapporto Neandertal, Denisovan e Sapiens, e sulle recenti scoperte ed anticipazioni per il futuro.
Basandosi su nuove scoperte di DNA fossile, ricercatori ipotizzano che un'ondata migratoria di Early Sapiens, o una specie molto vicina alla nostra, sia arrivata dall'Africa all'Europa. In Europa, si sarebbero incrociati con il Neanderthal, per poi scomparire completamente. Ma parte del loro patrimonio genetico continuò a sopravvivere tutto l'interno del DNA neandertaliano. Leggetevi l'articolo completo del New York Times per un affascinante resoconto sugli studi genetici, sul rapporto Neandertal, Denisovan e Sapiens, e sulle recenti scoperte ed anticipazioni per il futuro.

DNA Neandertaliano per ricostruire sconosciute migrazioni Sapiens

6 Luglio, 2017
Categorie:  Evoluzione Genetica Metodologie archeologiche Nuove Tecnologie Preistoria

Basandosi su nuove scoperte di DNA fossile, ricercatori ipotizzano che un’ondata migratoria di Early Sapiens, o una specie molto vicina alla nostra, sia arrivata dall’Africa all’Europa. In Europa, si sarebbero incrociati con Neandertal, per poi scomparire completamente. Ma parte del loro patrimonio genetico continuò a sopravvivere all’interno del DNA neandertaliano. Leggetevi l’articolo completo del New York Times per un affascinante recap sugli studi genetici, sul rapporto Neandertal, Denisovan e Sapiens, e sulle recenti scoperte ed anticipazioni per il futuro.

Gli ominini responsabili del passo avanti tecnologico 1.75 milioni di anni fa potrebbero essere stati musicisti in erba. Secondo recenti studi, i circuiti del cervello che hanno portato strumenti e armi bifacciali sono gli stessi circuiti quelli attivati "‹"‹quando si suona un pianoforte. Il passaggio dalla tecnologia a schegge e chopper, nota come "Olduvaiano", ad un sofisticato know-how degli strumenti "Acheuleani" è considerato un passo importante nell'evoluzione umana. Per indagare sulle cause di questo cambiamento tecnologico, gli scienziati inglesi e statunitensi hanno condotto scansioni cerebrali di volontari come hanno imparato a scheggiare strumenti Olduvaiani e Acheuleani. La produzione di utensili Acheuleani ha richiesto una combinazione di memoria visiva, udito, consapevolezza di movimento e pianificazione d'azione – tutti gli ingredienti essenziali per un musicista.
Gli ominini responsabili del passo avanti tecnologico 1.75 milioni di anni fa potrebbero essere stati musicisti in erba. Secondo recenti studi, i circuiti del cervello che hanno portato strumenti e armi bifacciali sono gli stessi circuiti quelli attivati "‹"‹quando si suona un pianoforte. Il passaggio dalla tecnologia a schegge e chopper, nota come "Olduvaiano", ad un sofisticato know-how degli strumenti "Acheuleani" è considerato un passo importante nell'evoluzione umana. Per indagare sulle cause di questo cambiamento tecnologico, gli scienziati inglesi e statunitensi hanno condotto scansioni cerebrali di volontari come hanno imparato a scheggiare strumenti Olduvaiani e Acheuleani. La produzione di utensili Acheuleani ha richiesto una combinazione di memoria visiva, udito, consapevolezza di movimento e pianificazione d'azione – tutti gli ingredienti essenziali per un musicista.

Scheggiatori paleolitici, potenziali suonatori di pianoforte

8 Maggio, 2017
Categorie:  Curiosità Evoluzione Metodologie archeologiche Nuove Tecnologie Preistoria

Gli ominini responsabili del passo avanti tecnologico 1.75 milioni di anni fa potrebbero essere stati musicisti in erba. Secondo recenti studi, i circuiti del cervello che hanno portato a strumenti e armi bifacciali sono gli stessi circuiti quelli attivati “‹"‹quando si suona un pianoforte. Il passaggio dalla tecnologia a schegge e chopper, nota come “Olduvaiano”, ad un sofisticato know-how degli strumenti “Acheuleani” è considerato un passo importante nell’evoluzione umana. Per indagare sulle cause di questo cambiamento tecnologico, gli scienziati inglesi e statunitensi hanno condotto scansioni cerebrali di volontari come hanno imparato a scheggiare strumenti Olduvaiani e Acheuleani.

Il Max Planck Institute for the Science of Human History a Jena (Germania) offre una posizione per un ricercatore post-doc nel campo dell’archeologia orientale. La posizione è legata al gruppo di ricerca Eurasia3angle. Il gruppo interdisciplinario si focalizzerà su "Millet and beans, language and genes. The origin and dispersal of the Transeurasian family." Il post-doc ha la durata di 4 anni a partire da Aprile-September 2016. Requisiti cerut: un PhD in archeologia orientale e conoscenza di statistica multivariata. Se interessati, inviare la propria application a Martine Robbeets (robbeets@shh.mpg.de) entro il 1 gennaio 2016. Documenti cerut: (i) una lettera di motivazione che spieghi come avete raggiunto le competenze (max. 500 parole) (ii) una breve proposta di ricerca specificando come potete contribuire a questo progetto (max. 1000 parole) (iii) un curriculum vitae che indica il background educativo, l'esperienza di ricerca precedente e l' storia delle pubblicazioni. (iv) una copia della vostra dissertazione di dottorato (v) i contatti per tre riferimenti (vi) lettere di raccomandazione da tre referei inviate direttamente dal referee a Martine Robbeets Per informazioni: http://www.shh.mpg.
Il Max Planck Institute for the Science of Human History a Jena (Germania) offre una posizione per un ricercatore post-doc nel campo dell’archeologia orientale. La posizione è legata al gruppo di ricerca Eurasia3angle. Il gruppo interdisciplinario si focalizzerà su "Millet and beans, language and genes. The origin and dispersal of the Transeurasian family." Il post-doc ha la durata di 4 anni a partire da Aprile-September 2016. Requisiti cerut: un PhD in archeologia orientale e conoscenza di statistica multivariata. Se interessati, inviare la propria application a Martine Robbeets ([email protected]) entro il 1 gennaio 2016. Documenti cerut: (i) una lettera di motivazione che spieghi come avete raggiunto le competenze (max. 500 parole) (ii) una breve proposta di ricerca specificando come potete contribuire a questo progetto (max. 1000 parole) (iii) un curriculum vitae che indica il background educativo, l'esperienza di ricerca precedente e l' storia delle pubblicazioni. (iv) una copia della vostra dissertazione di dottorato (v) i contatti per tre riferimenti (vi) lettere di raccomandazione da tre referei inviate direttamente dal referee a Martine Robbeets Per informazioni: http://www.shh.mpg.

Max Planck Institute cerca post-doc in archeologia orientale

5 Novembre, 2015
Categorie:  Bandi e concorsi Estero Evoluzione Genetica Lavoro

Il Max Planck Institute for the Science of Human History a Jena (Germania) offre una posizione per un ricercatore post-doc nel campo dell’archeologia orientale. La posizione è legata al gruppo di ricerca Eurasia3angle. Il gruppo interdisciplinario si focalizzerà su “Millet and beans, language and genes. The origin and dispersal of the Transeurasian family.” Il post-doc ha la durata di 4 anni a partire da aprile-settembre 2016. Requisiti richiesti: un PhD in archeologia orientale e conoscenza di statistica multivariata.

Il 10 settembre 2015 rimarrà nella storia come il giorno in cui Lee Berger, John Hawks e decine di altri esperti mondiali hanno svelato al mondo la scoperta di un nuovo tassello evolutivo del genere Homo, Homo naledi, via eLife Science: "Homo naledi, a new species of the genus Homo from the Dinaledi Chamber, South Africa" http://elifesciences.org/content/elife/4/e09560.full.pdf A parte la meravigliosa scelta di pubblicare l'articolo su un giornale open-access, aspecto notato forse solo da pochi fan dell'OA, l'impatto dei risultati ha avuto un eco mondiale, arrivando ad essere oggetto di conversazioni in piazza, bar, famiglia e facendo brillare di luce riflessa (almeno per qualche ora) anche tutti noi esperti, appassionati o manovali del settore. Tante cose sono state dette più o meno vere sulle scoperte di Dinaledi, anche da fonti considerate autorevoli dai più, per creare un effetto sensazionalistico su una notizia che già sensazionale per sé. Troppo spesso le parole sono oggetto di pericolose interpretazioni da parte dei media, anche se scritte nero su bianco su una scientifica pubblicazione accessibile a tutti (ho già parlato della meravigliosa scelta di pubblicare su un giornale open-access??).
Il 10 settembre 2015 rimarrà nella storia come il giorno in cui Lee Berger, John Hawks e decine di altri esperti mondiali hanno svelato al mondo la scoperta di un nuovo tassello evolutivo del genere Homo, Homo naledi, via eLife Science: "Homo naledi, a new species of the genus Homo from the Dinaledi Chamber, South Africa" http://elifesciences.org/content/elife/4/e09560.full.pdf A parte la meravigliosa scelta di pubblicare l'articolo su un giornale open-access, aspecto notato forse solo da pochi fan dell'OA, l'impatto dei risultati ha avuto un eco mondiale, arrivando ad essere oggetto di conversazioni in piazza, bar, famiglia e facendo brillare di luce riflessa (almeno per qualche ora) anche tutti noi esperti, appassionati o manovali del settore. Tante cose sono state dette più o meno vere sulle scoperte di Dinaledi, anche da fonti considerate autorevoli dai più, per creare un effetto sensazionalistico su una notizia che già sensazionale per sé. Troppo spesso le parole sono oggetto di pericolose interpretazioni da parte dei media, anche se scritte nero su bianco su una scientifica pubblicazione accessibile a tutti (ho già parlato della meravigliosa scelta di pubblicare su un giornale open-access??).

Homo naledi. Tra stupenda realtà e fantascienza mediatica

12 Settembre, 2015
Categorie:  Evoluzione Nuovi Ritrovamenti Preistoria
Tags:  africa   evoluzione   homo   naledi  

Il 10 Settembre 2015 resterà nella storia come il giorno in cui Lee Berger, John Hawks e decine di altri esperti mondiali hanno svelato al mondo la scoperta di un nuovo tassello evolutivo del genere Homo, Homo naledi, tramite eLife Science: “Homo naledi, a new species of the genus Homo from the Dinaledi Chamber, South Africa” http://elifesciences.org/content/elife/4/e09560.full.pdf A parte la meravigliosa scelta di pubblicare l’articolo su un giornale open-access, aspetto notato forse solo da pochi fan dell’OA, l’impatto dei risultati ha avuto un eco mondiale, arrivando ad essere oggetto di conversazioni in piazza, bar, famiglia e facendo brillare di luce riflessa (almeno per qualche ora) anche tutti noi esperti, appassionati o manovali del settore.

"‹ Frammenti di cranio e costola umani sono stati trovati nelle strati Pleistocenici a Strashnaya Cave. Lo ha annunciato il Professor Andrey Krivoshapkin, capo del dipartimento di Archeologia e Etnografia alla Novosibirsk State University, che si aspetta un risultato delle datazioni non più recenti di 50.000 anni. Un altro ritrovamento dagli strati più recenti della stessa grotta, datato ad almeno 35.000 anni fa, un frammento di falange umana. Le speranze del team in attesa dei risultati delle analisi, vorrebbero che la falange appartenesse ad un uomo moderno, con DNA misto Neanderthal e Denisoviano, il cranio ad un Neanderthal e il frammento più antico, la costola, ad un Denisoviano. Qualsiasi siano i risultati, saranno comunque preziosi per comprendere le interazioni tra uomini moderni, Neanderthal e Denisoviani ad Altai. La caverna di trova nella regione dell'Altai, sulla riva sinistra del fiume Inya. Article originale: http://siberiantimes.
"‹ Frammenti di cranio e costola umani sono stati trovati nelle strati Pleistocenici a Strashnaya Cave. Lo ha annunciato il Professor Andrey Krivoshapkin, capo del dipartimento di Archeologia e Etnografia alla Novosibirsk State University, che si aspetta un risultato delle datazioni non più recenti di 50.000 anni. Un altro ritrovamento dagli strati più recenti della stessa grotta, datato ad almeno 35.000 anni fa, un frammento di falange umana. Le speranze del team in attesa dei risultati delle analisi, vorrebbero che la falange appartenesse ad un uomo moderno, con DNA misto Neanderthal e Denisoviano, il cranio ad un Neanderthal e il frammento più antico, la costola, ad un Denisoviano. Qualsiasi siano i risultati, saranno comunque preziosi per comprendere le interazioni tra uomini moderni, Neanderthal e Denisoviani ad Altai. La caverna di trova nella regione dell'Altai, sulla riva sinistra del fiume Inya. Article originale: http://siberiantimes.

Nuove scoperte antropologiche dalla regione Altai in Siberia

21 Agosto, 2015
Categorie:  Estero Evoluzione Genetica Nuovi Ritrovamenti

“‹ Frammenti di cranio e costola umani sono stati trovati negli strati Pleistocenici a Strashnaya Cave. Lo ha annunciato il Professor Andrey Krivoshapkin, capo del dipartimento di Archeologia e Etnografia alla Novosibirsk State University, che si aspetta un risultato delle datazioni non più recente di 50.000 anni. Un altro ritrovamento dagli strati più recenti della stessa grotta, datato ad almeno 35.000 anni fa, un frammento di falange umana. Le speranze del team in attesa dei risultati delle analisi, vorrebbero che la falange appartenesse ad un uomo moderno, con DNA misto Neanderthal e Denisoviano, il cranio ad un Neanderthal e il frammento piu’ antico, la costola, ad un Denisoviano.

"C'erano una volta 265 pietre dipinte con l'ocra rossa. Una di queste era l'effigie di una misteriosa figura, forse umana, forse sciamanica. Tredicimila anni fa il luogo in cui le pietre svolgevano qualche funzione rituale, era un precipizio preistorico che entrava per trenta metri sottoterra, immersi nelle bosche a milledue metri di altitudine, al confine tra oggi Veneto e Trentino, sull'Altopiano della Marcesina. Ai nostri tempi il Riparo Dalmeri è diventato un sito archeologico di rilevante importanza per la storia locale, alpina e europea. Oggi alle 14 ore si inaugura la nuova stagione estiva di attività di animazione e divulgazione, grazie agli appassionati operatori del Museo di Trento. Il Riparo Dalmeri prende il suo nome dal studioso trentino che scoprì e riconobbe i significati, Giampaolo Dalmeri, che, nella primavera del 1990 individuò il sottoterra in cui fu fatto un primo sondaggio manuale. Le evidenti e entusiasmanti tracce della presenza dell'uomo diedero il via a serie di stratigrafiche investigazioni, continuate fino al 2009. Le ricerche furono condotte dalla Sezione di Preistoria dell'allora Museo di Natural Science, poi divenuta Muse.
"C'erano una volta 265 pietre dipinte con l'ocra rossa. Una di queste era l'effigie di una misteriosa figura, forse umana, forse sciamanica. Tredicimila anni fa il luogo in cui le pietre svolgevano qualche funzione rituale, era un precipizio preistorico che entrava per trenta metri sottoterra, immersi nelle bosche a milledue metri di altitudine, al confine tra oggi Veneto e Trentino, sull'Altopiano della Marcesina. Ai nostri tempi il Riparo Dalmeri è diventato un sito archeologico di rilevante importanza per la storia locale, alpina e europea. Oggi alle 14 ore si inaugura la nuova stagione estiva di attività di animazione e divulgazione, grazie agli appassionati operatori del Museo di Trento. Il Riparo Dalmeri prende il suo nome dal studioso trentino che scoprì e riconobbe i significati, Giampaolo Dalmeri, che, nella primavera del 1990 individuò il sottoterra in cui fu fatto un primo sondaggio manuale. Le evidenti e entusiasmanti tracce della presenza dell'uomo diedero il via a serie di stratigrafiche investigazioni, continuate fino al 2009. Le ricerche furono condotte dalla Sezione di Preistoria dell'allora Museo di Natural Science, poi divenuta Muse.

Cibo per la mente. Apre la stagione al riparo Dalmeri

7 Luglio, 2015
Categorie:  Eventi Evoluzione Preistoria Visite

"C'erano una volta 265 pietre dipinte con l'ocra rossa. Una di esse recava l'effigie di una misteriosa figura, forse umana, forse sciamanica. Tredicimila anni fa il luogo ove le pietre svolgevano qualche funzione rituale, era un preistorico riparo che entrava per trenta metri sottoroccia, immerso negli ombrosi boschi a milleduecento metri di altitudine, al confine fra gli odierni Veneto e Trentino, sull'Altopiano della Marcesina. Ai tempi nostri il cosiddetto Riparo Dalmeri è divenuto un sito archeologico di rilevante importanza per la storia locale, alpina ed europea.

ciclo di conferenze, nell’area del progetto “L’ultimo Neanderthal in Friuli”, dell’équipe dell’Università degli Studi di Ferrara che sta scavando, sotto la direzione del Prof. Marco Peresani e del Dottor Matteo Romandini, dal 2010 nella Grotta del Rio Secco (Altopiano di Pradis, Prealpi Carniche, Pn), uno dei rare siti del Paleolitico Medio italiano e europeo che ha restituito certe tracce dell’uccisione e del consumo dell’orso da parte dell’uomo di Neanderthal. L’altopiano di Pradis si sta rivelando sempre più ricco di sorprese e i risultati che ha dato fino ad ora sulla ultima frequentazione neanderthaliana è a livelli internazionali. E’ un sito che merita di essere promosso e ricevere la più visibilità possibile in quanto fiore all’occhiello per tutto il Friuli. – venerdì 3 luglio 2015, ore 17.30, a UDINE, Torre di Porta Villalta, via Micesio 2, conferenza del Dottor Gregorio Oxilia (Università di Firenze e Università di Ferrara), dal titolo “Evoluzione nutrizionale...il primo vero EXPO dei primati umani. Alcune prove locali nella Valle della Preistoria di Pradis”.
ciclo di conferenze, nell’area del progetto “L’ultimo Neanderthal in Friuli”, dell’équipe dell’Università degli Studi di Ferrara che sta scavando, sotto la direzione del Prof. Marco Peresani e del Dottor Matteo Romandini, dal 2010 nella Grotta del Rio Secco (Altopiano di Pradis, Prealpi Carniche, Pn), uno dei rare siti del Paleolitico Medio italiano e europeo che ha restituito certe tracce dell’uccisione e del consumo dell’orso da parte dell’uomo di Neanderthal. L’altopiano di Pradis si sta rivelando sempre più ricco di sorprese e i risultati che ha dato fino ad ora sulla ultima frequentazione neanderthaliana è a livelli internazionali. E’ un sito che merita di essere promosso e ricevere la più visibilità possibile in quanto fiore all’occhiello per tutto il Friuli. – venerdì 3 luglio 2015, ore 17.30, a UDINE, Torre di Porta Villalta, via Micesio 2, conferenza del Dottor Gregorio Oxilia (Università di Firenze e Università di Ferrara), dal titolo “Evoluzione nutrizionale...il primo vero EXPO dei primati umani. Alcune prove locali nella Valle della Preistoria di Pradis”.

L’ultimo Neanderthal in Friuli. Ciclo di conferenze

30 Giugno, 2015
Categorie:  Campi Scavo Comunicati stampa Conferenze Eventi Evoluzione Nuovi Ritrovamenti Preistoria Scavi Visite

Ciclo di conferenze, nell’ambito del progetto “L’ultimo Neanderthal in Friuli”, dell’équipe dell’Università degli Studi di Ferrara che sta scavando, sotto la direzione del Prof. Marco Peresani e del Dott. Matteo Romandini, dal 2010 nella**Grotta del Rio Secco (Altopiano di Pradis, Prealpi Carniche, Pn),** uno dei rari siti del Paleolitico Medio italiano ed europeo ad aver restituito tracce certe dell’uccisione e del consumo dell’orso da parte dell’uomo di Neanderthal. L’altopiano di Pradis si sta rivelando sempre più ricco di sorprese e i risultati che ha dato fino a questo momento sull’ultima frequentazione neandertaliana è a livelli internazionali.

Il 21 giugno, alle 10 a.m. all'archeoParc, c'è l'inaugurazione della mostra "Ma Ötzi, che lingua parlava?". La mostra racconta la storia della lingua e delle lingue, iniziando dalle origini fino ai nostri giorni. Da quando"è che parliamo? Quale lingua usava Ötzi? E perché abbiamo iniziato a scrivere? Queste e altre domande sono alla base della mostra che sarà inaugurata il 21 giugno, alle 10 a.m. all'archeoParc della Val Senales. "Ma Ötzi, che lingua parlava?" si occupa della genesi e dell'evoluzione della lingua parlata e scritta, focalizzando soprattutto sulle lingue della regione alpina e i tempi di Ötzi. La mostra è stata realizzata da un gruppo di persone con il capo Simona Marchesini, archeologica e linguista di Verona, e Johanna Niederkofler, Direttrice dell'archeoParc. La dott.ssa Niederkofler spiega come è nata l'idea della mostra: "Spesso io e il mio team siamo chiamati dai visitatori a confrontarci sulla domanda se Ötzi parlava e quale fosse la sua lingua." La dott.
Il 21 giugno, alle 10 a.m. all'archeoParc, c'è l'inaugurazione della mostra "Ma Ötzi, che lingua parlava?". La mostra racconta la storia della lingua e delle lingue, iniziando dalle origini fino ai nostri giorni. Da quando"è che parliamo? Quale lingua usava Ötzi? E perché abbiamo iniziato a scrivere? Queste e altre domande sono alla base della mostra che sarà inaugurata il 21 giugno, alle 10 a.m. all'archeoParc della Val Senales. "Ma Ötzi, che lingua parlava?" si occupa della genesi e dell'evoluzione della lingua parlata e scritta, focalizzando soprattutto sulle lingue della regione alpina e i tempi di Ötzi. La mostra è stata realizzata da un gruppo di persone con il capo Simona Marchesini, archeologica e linguista di Verona, e Johanna Niederkofler, Direttrice dell'archeoParc. La dott.ssa Niederkofler spiega come è nata l'idea della mostra: "Spesso io e il mio team siamo chiamati dai visitatori a confrontarci sulla domanda se Ötzi parlava e quale fosse la sua lingua." La dott.

Ma Ötzi, che lingua parlava? "‹Una mostra sulla storia della lingua all'archeoParc della Val Senales

19 Giugno, 2015
Categorie:  Comunicati stampa Eventi Evoluzione Mostre Musei Preistoria Visite

Domenica 21 giugno alle ore 10:00 all’archeoParc ha luogo l’inaugurazione della mostra “Ma Ötzi, che lingua parlava?”. La mostra racconta la storia del linguaggio e delle lingue, iniziando dalle origini fino ai giorni nostri. Da quand"è che parliamo? Quale lingua usava Ötzi? E perché abbiamo iniziato a scrivere? Queste e altre domande stanno alla base della mostra che verrà inaugurata domenica 21 giugno alle ore 10:00 all’archeoParc della Val Senales.

Graffiti, pitture parietali con cavalli rossi, impronte di mani e molto altro simile a differenti fasi del Paleolitico, è quello che si conserva anche nella Grotta Paglicci, a pochi km da Rignano Garganico, nel foggiano. Un riparo sotto roccia e una grotta attigua. Uno dei siti d'interesse archeologico di maggiorrilievo in Italia per la foridabile sequenza culturale oltre a i documenti che ha fornito sul culto dei morti e nel campo dell'arte. Ma non per questo tutelato e valorizzato, come accade invece Oltralpe. "Un dei tanti problemi che non si riesce a risolvere è quello dell'esproprio. Da 50 anni il sito continua a rimanere una proprietà privata. Circostanza questa che non facilita la conservazione, messa a repentaglio dall'erosione climatica e da interventi antropici. Così parte del riparo esterno e la prima parte della grotta, dove è stato scavato per più di 40 anni, è soggetta a crolli e è molto rischioso, per gli studiosi o per chi si savventura, avvicinarsi alla grotta". Parlando è Vincenzo Pazienza, Presidente del Centro Studi Paglicci, l'Associazione che cerca di promuovere il sito.
Graffiti, pitture parietali con cavalli rossi, impronte di mani e molto altro simile a differenti fasi del Paleolitico, è quello che si conserva anche nella Grotta Paglicci, a pochi km da Rignano Garganico, nel foggiano. Un riparo sotto roccia e una grotta attigua. Uno dei siti d'interesse archeologico di maggiorrilievo in Italia per la foridabile sequenza culturale oltre a i documenti che ha fornito sul culto dei morti e nel campo dell'arte. Ma non per questo tutelato e valorizzato, come accade invece Oltralpe. "Un dei tanti problemi che non si riesce a risolvere è quello dell'esproprio. Da 50 anni il sito continua a rimanere una proprietà privata. Circostanza questa che non facilita la conservazione, messa a repentaglio dall'erosione climatica e da interventi antropici. Così parte del riparo esterno e la prima parte della grotta, dove è stato scavato per più di 40 anni, è soggetta a crolli e è molto rischioso, per gli studiosi o per chi si savventura, avvicinarsi alla grotta". Parlando è Vincenzo Pazienza, Presidente del Centro Studi Paglicci, l'Associazione che cerca di promuovere il sito.

Puglia, grotta Paglicci: la grotta del Paleolitico a rischio crollo

10 Giugno, 2015
Categorie:  Evoluzione Mala Archeologia Preistoria Scavi Visite

Graffiti, pitture parietali con cavalli rossi, impronte di mani e molto altro riferibile a fasi differenti del Paleolitico, è quel che si conserva anche a Grotta Paglicci, a pochi chilometri da Rignano Garganico, nel foggiano. Un riparo sotto roccia e una grotta attigua. Uno dei siti di interesse archeologico di maggior rilievo in Italia per la formidabile sequenza culturale oltre che per i documenti che ha fornito sul culto dei morti e nel campo dell’arte.

Da un osso mascellare di UAM, o homo sapiens, scoperto nel 2002 in Romania, è stato estratto ed analizzato un campione di DNA. I risultati dell’analisi sono stati sorprendenti: dal 4.8% al 11.3% del genoma del ragazzo rumeno paleolitico ha derivazione neandertaliana. Questa è la prima e vera prova di un incrocio neandertal-sapiens in territorio europeo! “Un giovane uomo che viveva in Romania da 37 000 a 42 000 anni ereditò circa un decimo del suo DNA da un antenato neandertal, secondo un nuovo studio dell’antico DNA. Da quando i spelucchierini hanno trovato un robusto cranio in una grotta in Romania nel 2002, alcuni paleoantropologi hanno pensato che i suoi enormi denti di saggezza e altre caratteristiche assomigliassero a quelli dei Neanderthal anche se il fossile era un umano moderno. Ora, sequenziando parti informativi del genoma dell’uomo rumano, un team internazionale di ricercatori ha scoperto che aveva ereditato 4.8% a 11.3% del suo genoma da un Neandertal che viveva solo 200 anni prima, secondo un discorso di questo mese al Cold Spring Harbor Laboratory a New York.
Da un osso mascellare di UAM, o homo sapiens, scoperto nel 2002 in Romania, è stato estratto ed analizzato un campione di DNA. I risultati dell’analisi sono stati sorprendenti: dal 4.8% al 11.3% del genoma del ragazzo rumeno paleolitico ha derivazione neandertaliana. Questa è la prima e vera prova di un incrocio neandertal-sapiens in territorio europeo! “Un giovane uomo che viveva in Romania da 37 000 a 42 000 anni ereditò circa un decimo del suo DNA da un antenato neandertal, secondo un nuovo studio dell’antico DNA. Da quando i spelucchierini hanno trovato un robusto cranio in una grotta in Romania nel 2002, alcuni paleoantropologi hanno pensato che i suoi enormi denti di saggezza e altre caratteristiche assomigliassero a quelli dei Neanderthal anche se il fossile era un umano moderno. Ora, sequenziando parti informativi del genoma dell’uomo rumano, un team internazionale di ricercatori ha scoperto che aveva ereditato 4.8% a 11.3% del suo genoma da un Neandertal che viveva solo 200 anni prima, secondo un discorso di questo mese al Cold Spring Harbor Laboratory a New York.

Genetica: ecco la prima prova di incrocio Neandertal – Sapiens in Europa!

27 Maggio, 2015
Categorie:  Evoluzione Genetica Preistoria

Da un osso mascellare di UAM, o homo sapiens, scoperto nel 2002 in Romania, è stato estratto ed analizzato un campione di DNA. I risultati dell’analisi sono stati sorprendenti: dal 4.8% al 11.3% del genoma del ragazzo rumeno paleolitico ha derivazione neandertaliana. Questa è la prima e vera prova di un incrocio neandertal-sapiens in territorio europeo! “A young man who lived in Romania 37,000 to 42,000 years inherited as much as one-tenth of his DNA from a Neandertal ancestor, according to a new study of ancient DNA.


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