L’Aquila e il Dragone in mostra a Roma


Categorie:  Epoca Romana Mostre
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Concluderà il 6 febbraio 2011 la mostra “I due imperi. L’Aquila e il Dragone” allestita a Roma nelle superbe sale di Palazzo Venezia, le cui pareti dipinte, nonostante siano coperte dagli allestimenti, si mostrano ogni tanto in tutta la loro opulenza decorativa al visitatore.

Il titolo della mostra suggerisce un tema interessante: un confronto, possibile per i termini cronologici scelti, tra due potenze mondiali che all’incirca nello stesso periodo crearono l’una sul Mediterraneo, l’altra negli ampi territori dell’Asia, un impero non solo politico, ma culturale, nell’accezione più ampia del termine. Due entità che non vennero mai a contatto diretto: ci provarono, sicuramente conoscevano l’uno l’esistenza dell’altro, su un loro incontro più o meno fortuito si è fantasticato spesso, suggestionati anche, magari, dalla notizia dei ritrovamenti di vetri romani nel sito archeologico di LouLan in Cina, o di oggetti romani e cinesi rinvenuti associati insieme in un sito del Vietnam.

Per spiegare l’Aquila e il Dragone, la mostra apre con una sala in cui si raccolgono alcuni caratteri della romanità. Nel centro dominano opere della statuaria romana in marmo, mentre lungo le pareti sono mostrati alcuni oggetti per i grandi temi della civiltà romana. In fondo, in un ambiente di passaggio più che una saletta vera e propria, sono relegate alcune opere di pittura parietale. Questa è Roma. Ad una visitatrice indignata che lamentava che non basta solo questo per descrivere l’Impero romano rispondo con l’unica spiegazione plausibile delle scelte progettuali dell’allestimento: siamo a Roma, segni dell’Impero sono ovunque intorno a noi. Non è sensato spiegare in mostra ciò cui a Roma sono destinati fior di musei, aree archeologiche e monumenti. Sarebbe un’inutile e certamente incompleta ripetizione. La scelta invece di presentare, a spot, qualche oggetto che richiami la società romana mi pare tutto sommato la più sensata, in questa fase iniziale.

Dopo averci ricordato, meglio, suggerito, cos’è l’Aquila, la mostra passa a presentarci il Dragone. Le sale che seguono sono infatti dedicate a scoprire la cultura che si sviluppò in Cina tra il 221 a.C., quando la dinastia Chin unificò sotto un unico potere tutte le popolazioni cinesi, e dal 206 a.C., quando la dinastia Han prese il sopravvento, fino al 220 d.C., quando essa decadde. Come sempre in ogni civiltà del mondo antico, tranne, forse, proprio per i Romani e i Greci, sono i corredi funerari che ci forniscono la più ingente mole di informazioni sulla vita quotidiana delle classi abbienti e sulle loro conquiste in campo, ad esempio, architettonico: i modelli di edifici, elaborati e di grandi dimensioni, ci raccontano che i costruttori cinesi avevano inventato un sistema di mensole a bracci sporgenti incastrate una sopra l’altra che consentiva di realizzare fabbricati a più piani anche molto complessi. Scopriamo che la tomba contiene una serie di figure in miniatura – il soldato, la danzatrice, il cuoco, il carro della guardia d’onore. Le figure sono disposte, all’interno della tomba, secondo un preciso criterio, che vede in essa un mondo eterno, libero dalle leggi umane. Il famoso esercito di terracotta rinvenuto nella tomba del primo imperatore, è l’eccezione nel panorama delle usanze funerarie che si sviluppano in questo periodo. Dal I secolo a.C., poi, si canonizza il tipo della tomba a camera, che riproduce di fatto un edificio vero, con pareti dipinte o istoriate con scene di vita, di etica confuciana, momenti del rituale funebre. Spicca tra questi la processione in carrozza, che simboleggia il viaggio nell’aldilà (verrebbe a questo proposito in mente un confronto con le scene del defunto su carro su alcune urnette cinerarie etrusche ellenistiche, ma è una mia suggestione che mi fa solo riflettere su quanto culture tanto distanti traducano determinate tematiche all’incirca negli stessi termini). Nell’epoca Han si elabora un concetto di immortalità secondo il quale la morte non è ostacolo al conseguimento di essa, ma il metodo alternativo per raggiungerla. Nella tomba avviene la metamorfosi, il passaggio allo stato immortale, purché il corpo del defunto sia interamente coperto da giada, la pietra dell’immortalità. Abbiamo così vesti intessute di oro e giada, oppure sarcofagi splendenti di scaglie di questa pietra preziosa. Infine, ci viene spiegato il rituale funerario, dove magia e mito si fondono, e ci viene fornita la chiave di lettura per interpretare il drappo di morte, che distingue il defunto da tutti gli altri.

La mostra termina qui. Bruscamente a mio parere. E senza rispondere alla domanda che il titolo mi suggeriva: cosa facevano contemporaneamente i due imperi? Ci possono essere punti di contatto in culture così differenti? Come sono i corredi funerari dei Romani, a confronto con quelli Cinesi, così ben descritti? Rimane un senso di incompletezza. E allora forse aveva ragione la visitatrice indignata, oppure si poteva intitolare diversamente l’esposizione, tenendo per sé il Dragone e lasciando l’Aquila libera di farsi scoprire in altre sedi, che a Roma certo non mancano.

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