Firenze – Da Petra a Shawbak. Archeologia di una frontiera – In mostra dal 19 giugno al 30 settembre 2009


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Grazie a 20 anni di ricerche della Missione archeologica dell'Università di Firenze, Shawbak è riemersa dalle sabbie del deserto meridionale della Giordania. Per quasi due millenni questa città "incastellata" fu il fulcro di un'area strategica tra due potenziati, Egitto e Siria, poi venne la perdita di ruolo e la abbandonazione. Shawbak - Il castello - Photo di Mauro Foli Gli scavi italo-giordani hanno restituito una delle più affascinate aree archeologico-monumentali di tutto il Mediterraneo e uno dei più vivaci punto di incontro tra diverse culture: in epoca "medievale", Shawbak rappresentò la sintesi tra le influenze dell'Europa cristiana e l'Islamic Oriente. Le ricerche condotte su questo particolare periodo hanno stimolato una revisione dell'immagine ottocentesca delle "crociate", tutt'ora usata, talmente in forma strumentale, sia in Islam che in Occidente, a favore di una continua compenetrazione in area euro-mediterranea tra Islam e Cristianità.
Grazie a 20 anni di ricerche della Missione archeologica dell'Università di Firenze, Shawbak è riemersa dalle sabbie del deserto meridionale della Giordania. Per quasi due millenni questa città "incastellata" fu il fulcro di un'area strategica tra due potenziati, Egitto e Siria, poi venne la perdita di ruolo e la abbandonazione. Shawbak - Il castello - Photo di Mauro Foli Gli scavi italo-giordani hanno restituito una delle più affascinate aree archeologico-monumentali di tutto il Mediterraneo e uno dei più vivaci punto di incontro tra diverse culture: in epoca "medievale", Shawbak rappresentò la sintesi tra le influenze dell'Europa cristiana e l'Islamic Oriente. Le ricerche condotte su questo particolare periodo hanno stimolato una revisione dell'immagine ottocentesca delle "crociate", tutt'ora usata, talmente in forma strumentale, sia in Islam che in Occidente, a favore di una continua compenetrazione in area euro-mediterranea tra Islam e Cristianità.

Grazie a 20 anni di ricerche della Missione archeologica dell’Università di Firenze, Shawbak è riemersa dalle sabbie del deserto meridionale della Giordania.

Per quasi due millenni questa città “incastellata” fu il fulcro di un’area strategica tra due potentati, l’Egitto e la Siria, poi venne la perdita di ruolo e l’abbandono.

Gli scavi italo-giordani hanno restituito una delle più affascinati aree archeologico-monumentali di tutto il Mediterraneo orientale ed uno dei più vivaci punto di incontro tra culture diverse: in epoca "medievale", Shawbak rappresentò la sintesi tra le influenze dell'Europa cristiana e l'Oriente islamico.

Le ricerche condotte su questo particolare periodo hanno stimolato una revisione dell’immagine ottocentesca delle “crociate”, tutt’ora usata, talvolta in modo strumentale, sia nell’Islam che in Occidente, a favore di una continua compenetrazione in area euro-mediterranea tra Islam e Cristianità.

Una grande, spettacolare esposizione racconterà, per la prima volta, la storia di questa lunga, complessa "rinascita" di Shawbak e, con essa, darà conto delle più recenti scoperte nell'area della Transgiordania che ha in Petra il suo centro più noto. E da Petra, oltre che da Shawbak giungeranno reperti sino ad oggi mai esposti al pubblico, frutto appunto di scoperte degli ultimi anni.


Ad ospitare la grande esposizione sarà, **dal 19 giugno al 30 settembre**, la **<em>Limonaia di Palazzo Pitti</em>**.

La mostra “Da Petra a Shawbak. Archeologia di una frontiera” gode dell’alto patronato di S.M. la Regina di Giordania e del Presidente della Repubblica d’Italia. A promuoverla sono l"Università di Firenze, il Departement of Antiquites of Jordan e il Polo Museale Fiorentino. La mostra è curata da Guido Vannini dell’Università di Firenze con l’apporto di un comitato scientifico internazionale.

Le ricerche della missione archeologica, e la mostra, intendono quindi concentrarsi sulle modalità attraverso cui il secolo "crociato" riattivò in questa terra la struttura storica della "frontiera" che, in termini di diacronia "intermittente", rappresenta forse la più importante radice identitaria dell'intera Transgiordania.


Il recupero della sua antica funzione di cesura e cerniera tra nord "siriano" e sud "egiziano" (i potentati storici della regione) – con il breve riemergere, dopo la gloriosa stagione nabateo-romano-bizantina, fra ed est "arabo" e ovest "mediterraneo" "“ restituì alla regione, reinterpretandolo profondamente, un ruolo che essa sembra perdere ogni volta che diventa solo la zona interna di un più vasto dominio.


La valle di Petra ed il suo "sistema" territoriale trasgiordano perderanno, infatti, nuovamente con l'abbandono crociato dell'intera valle del Giordano questo ruolo baricentrico, alla fine del secolo; e tuttavia la documentazione archeologica raccolta, sorprendentemente, dimostra che la regione non tornerà alla collocazione periferica in cui si trovava all'arrivo degli europei, finendo per acquisire – come concreto esito storico, oltre le intenzioni o la stessa consapevolezza degli europei – una rinnovata, precisa identità, ben rappresentata dalla continuità di funzione autonoma sia amministrativa che militare, mantenuta dagli Ayyubidi e dai Mamelucchi e non più perduta, ai due centri egemoni di Shawbak e della stessa antica città di Karak con il suo grande castello "urbano", il Crac de Moab.


Sotto il profilo delle installazioni, la mostra intende caratterizzarsi per l'impiego di un ampio spettro di soluzioni espositive, da quelle più tradizionali ad ipermedia dedicati, al fine di ottimizzare la comunicazione dei contenuti. Dato il tema squisitamente storiografico oggetto dell'iniziativa si prevede di realizzare un'integrazione delle classi di media

disponibili, senza una gerarchia precostituita che affidi un ruolo centrale di comunicazione a una classe specifica di oggetti (es. manufatti, ricostruzioni virtuali, etc.).

In accordo con tale impostazione, oltre che con le più recenti tendenze del <em>display</em> archeologico, anche la selezione dei manufatti sarà effettuata con l'obbiettivo di esporre un numero limitato di pezzi estremamente significativi e caratterizzati da eccezionali capacità documentarie. La selezione sarà operata tra i reperti recuperati dalla missione archeologica fiorentina, tra i pezzi conservati presso i musei nazionali giordani e tra quelli rinvenuti dalle missioni internazionali operanti in Giordania (la maggior parte dei quali saranno presentati al pubblico per la prima volta in questa occasione). Un piccolo ma significativo contributo verrà infine dalle collezioni storiche fiorentine di arte islamica, con il duplice obbiettivo di promuovere la conoscenza di questo straordinario patriminio e di sottolinearne il contributo nella definizione dell'identità cosmopolita della città.


Particolare attenzione sarà infine dedicata alla realizzazione, secondo le metodologie più aggiornate ed innovative, di "percorsi sensoriali" per stimolare l'apprendimento dei contenuti della mostra da parte dei visitatori più giovani (7-16 anni) oltre che per rendere fruibile il percorso espositivo da parte dei visitatori portatori di handicap motori e visivi.

Per maggiori informazioni sul “Progetto Shawbak – Ricerca, conservazione e valorizzazione del Crac de Montreal” è a disposizione un sito web ricco di informazioni alla pagina <a href=“http://www.shawbak.net/" target="_blank” title=“Link Esterno”>http://www.shawbak.net/</a>.

Per informazioni su Palazzo Pitti, il sito da visitare è <a href=“http://www.polomuseale.firenze.it/musei/palazzopitti/" target="_blank” title=“Palazzo Pitti - Firenze”>http://www.polomuseale.firenze.it/musei/palazzopitti/</a>

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