Scoperti due porti romani in Libia – Resoconto ed immagini

Palermo, 15 febbraio 2008 – Nel corso delle ricerche condotte tra la fine di gennaio e gli inizi di febbraio 2008 dalla Missione Archeologica in Libia diretta da Sebastiano Tusa e realizzata dalla Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana in collaborazione con l"Università Suor Orsola Benincasa di Napoli e l"IAS di Palermo, con l’accordo con il Department of Antiquities of Libya, si è iniziata l"esplorazione di due porti romani finora sconosciuti nascosti tra le dune costiere delle fantastiche spiagge della Cirenaica ad Est di Bengasi.

La missione rientrava in un vasto programma, finanziato dalla regione Campania, mirato a realizzare in varie aree costiere del Mediterraneo dei “dimostratori” ove potere applicare tecnologie innovative nel campo della analisi, conservazione e gestione dei beni culturali al fine di promuovere la conoscenza ed il potenziale inserimento delle piccole e medie imprese del settore. Il lavoro svolto è stato, infatti, mirato anche alla raccolta di dati utili alla realizzazione di un progetto finalizzato alla conoscenza e valorizzazione dei luoghi identificati in chiave culturale e turistica in pieno accordo con le autorità libiche.

Sul primo porto, nei pressi del villaggio agricolo di Hamama si è particolarmente accentrata l’attenzione degli studiosi italiani date le consistenti tracce di strutture in pietra emergenti tra la sabbia sia sulla costa che in mare. E" probabile che si tratti di uno degli antichi porti utilizzati dalla non lontana Cirene per i suoi contatti mediterranei e, soprattutto, con Roma ai tempi dell’impero. Il sito potrebbe essere identificato con Phykous, menzionato da Strabone proprio nella zona in questione.

Nel corso di questa missione si è attuata una ricognizione analitica e sistematica del sito sia dal punto di vista tradizionale che applicando le più aggiornate e moderne tecnologie di rilevamento nel campo archeologico. In particolare il sito è stato percorso totalmente e sistematicamente a piedi mediante assi paralleli distanti tra loro circa m 5. Durante tali percorsi sono stati raccolti gli elementi ceramici, litici e metallici più diagnostici al fine di individuare le dinamiche occupazionali del sito. Sono stati raccolti circa 500 oggetti che sono stati posizionati mediante GPS, fotografati e disegnati al fine di potere procedere alla loro identificazione crono-tipologica. In tal modo si è ottenuto un quadro dinamico dell’occupazione del sito attraverso la dislocazione dei vari reperti.

I reperti sono stati parzialmente campionati dall’archeometra al fine di ottenere utili elementi di arricchimento nel campo della manifattura e provenienza dei materiali. La squadra addetta alla scansione laser ha effettuato la completa scansione del sito mettendo in evidenza sia l’altimetria esatta che tutte le strutture murarie emergenti. I prodotto finale di tale ricognizione è il modello tridimensionale del sito e la collocazione esatta di tutte le strutture e gli elementi visibili in superficie. La squadra dei topografi ha anche provveduto alla mappatura del sito mediante stazione totale per ottenere l’esatto rilevamento altimetrico e la registrazione degli allineamenti murari visibili in superficie.

In sintesi con questa campagna abbiamo completato la mappatura tradizionale e tridimensionale del sito con il rilevamento di tutte le numerosissime emergenze murarie visibili. Abbiamo anche effettuato la ricognizione completa del sito con la raccolta degli elementi diagnostici utili all’identificazione cronologica dell’insediamento.

Tra le strutture più significative sono state identificate quelle che si trovano all’estremità orientale del sito, sulla costa del mare, pertinenti probabilmente ad un faro o struttura di servizio al porto. Un grande edificio rettangolare (probabilmente a carattere militare) è stato anche identificato nella parte sud, mentre una concavità nella zona più settentrionale ha posto l’interrogativo della presenza di un eventuale teatro. Nella parte più settentrionale, già sulla scogliera, oltre alle numerose tracce di cavatura, si sono identificati i resti di una struttura rupestre in grotta adibita probabilmente a chiesa ed un’altra adibita a sinagoga data la presenza del candelabro a sette bracci inciso.

La ricognizione nelle alture di fronte al sito ha messo in evidenza numerose tombe monumentali a camera scavata nella roccia, talvolta con camere supplementari lungo il dromos e nicchie. Nelle stesse colline si notano numerosi punti di cavatura della pietra e, nelle parti più sommitali, i resti di possenti strutture di controllo dell’area. Le strutture si dispiegano sia sulle alture ad est che ad Ovest della baia di Phykous.

Dall’analisi dei reperti ceramici e delle strutture murarie si può avanzare l’ipotesi preliminare che il porto di Phykous sia stato fondato intorno al IV sec.a.C. (a giudicare da alcuni frammenti di ceramica attica e campana a v.n. rinvenuti nell’area più orientale del sito). Ma la sua frequentazione più intensa si ebbe tra il III ed il IV sec.d.C. Tra i materiali di rilievo per la datazione una moneta in bronzo verisimilmente costantiniana.

Le limitate (a causa delle avverse condizioni metereologiche) ricognizioni in mare nelle acque antistanti il sito hanno messo in evidenza i resti di un probabile lungo e consistente molo costituito da paramenti in blocchi squadrati e riempimento interno incoerente. Tale molo si diparte dalla parte più protesa verso il mare laddove si trovano i resti del probabile faro e si dirige verso Est per proteggere la baia che si trova ad oriente del sito.

Nel corso delle ricognizioni costiere si è esplorata anche l’area dove si sono localizzati i resti di un altro sito portuale, in località El Ougla, più ad Ovest, verso Bengasi. Le possenti mareggiate hanno inibito la possibilità di lavoro sia in acqua che a terra, ma hanno messo in luce interessanti strutture precedentemente ignote poiché sotto la sabbia. In particolare si è messo in luce un angolo di una spessa e possente struttura muraria con basamento obliquo funzionale al contatto con la forza delle onde del mare (probabilmente una torre). Nei pressi si è messo in evidenza un complesso di due vasche circolari rivestite in cocciopesto adibite verisimilmente alla lavorazione del pescato per la produzione di garum o affini. Dall’analisi dei materiali rinvenuti in superficie ed analizzati si evince una frequentazione del sito tra il III ed il IV sec.d.C.

La missione è stata composta da Sebastiano Tusa (archeologo, capo missione), Marcello Rocca (subacqueo, direttore tecnico), Gaetano Lino (ingegnere, topografo), Claudio Mocchegiani Carpano (archeologo), Leopoldo Repola (topografo responsabile della scansione laser), Marianna Tedesco (archeologa addetta alla scansione laser), Giorgio Trojsi (archeometra), Stefano Tilia (topografo).


Ultima modifica 2008/02/19