Del togato, che giace ancora accanto al cumulo di terra che l’ha sepolto, si spera di ritrovare almeno la testa. Mentre è certo che proprio tra uno di questi criptoportici scavati nelle viscere del Palatino trovò la morte per mano dei suoi pretoriano Caligola il 14 gennaio del 41 d. C. Bellezza e ferocia, storia e archeologia, architettura e natura, si sovrappongono nel cuore della Città eterna. Ci siamo calati nel buco nel terreno che scende a nove metri sotto gli “Horti” che i Farnese nel XVI secolo fecero costruire spianando le rovine della dimora di Tiberio e riempiendo di terra i criptoportici che collegavano le case di Augusto con il Foro romano: i passaggi segreti – architetture tanto semplici quanto utili, imponenti, spartane – del palazzo degli imperatori.
Il soprintendente Angelo Bottini scende per la prima volta a vedere lo scavo che, iniziato a settembre e diretto dall’archeologa Maria Antonietta Tomei, sta rapidamente liberando dalle tonnellate di terra il tunnel che corre parallelo al criptoportico di Nerone. Ma svuotati dai detriti sono anche i passaggi laterali che, di volta in volta, gli operai dell’azienda “Consorzio Italia” trovano scendendo fino al pavimento, a cinque metri dalla chiave di volta. E in uno di questi anfratti – tra le volte che minacciano di crollare sotto la spinta delle radici degli alberi, giunte a scardinare fin quaggiù mattoni e malta – la terra usata come riempitivo ha restituito la statua acefala di un membro dell’élite imperale che volle farsi rappresentare bello come un dio greco.
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