“Chi almeno una volta nella sua vita non ha sognato di fare l’archeologo?”. Incomincia così, con un sogno comune a tanti bambini, il “pezzo” di Michele Tosto pubblicato ieri (06/02/08) su rivistaonline.com. Molti lo abbandonano crescendo, per altri il sogno lascia spazio alla speranza. Speranza di poter trasformare la passione in professione. Leggendo l’articolo si scopre come, purtroppo, questo capiti molto raramente.
Il panorama lavorativo che ci viene presentato è dei peggiori. “Archeologia d’emergenza è l’ambito nel quale moltissimi giovani laureati in discipline archeologiche esercitano la professione per i primi anni, spesso fino a quando non decidono, stremati, di abbandonare ogni speranza e rivolgersi altrove. […] Per i giovani laureati la strada è spesso lunga e in salita e le loro possibilità di riuscita talmente vaghe che viene lo sconforto solamente a pensarlo. I giovani archeologi – spesso laureati e altamente specializzati – divengono facilissima preda di certe cooperative archeologiche (società a scopo di lucro alle quali le sovrintendenze affidano spesso la direzione dei lavori sul territorio dei municipi a rischio archeologico) che senza pietà e stima di alcuna dignità scientifica li sfruttano e condannano ad un lavoro poco qualificante e massacrante.”
In un paese come il nostro dove caposcavo diventa l’ingegnere o l’architetto, il cassiere di supermercato con il solo diploma si “inventa” archeologo professionista e dove, per trovare lavoro, è necessario conoscere l’amico dell’amico, concordo in pieno con l’autore e vedrei positivamente l’istituzione di un albo professionale. Qualcuno, come la provincia di Lecce (si veda l’articolo “Elenco degli archeologi di fiducia della provincia di Lecce“), si è mosso in questa direzione anche se oggettivamente servirebbe uno sforzo a livello nazionale per regolamentare un mercato del lavoro più selvaggio di quello dei lavavetri al semaforo.
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Fonte:
L’articolo completo si trova su http://www.rivistaonline.com/Rivi … no.aspx?id=4607
Salve sono uno di quei giovani la cui strada professionale appare estremamente lunga ed in salita; dopo essermi laureato ho lavorato presso alcune cooperative arch. a Roma contemporaneamente ho frequentato un master in georcheologia ed oggi ho anche la specializzazione della scuola di MT: ora io mi chiedo cosa devo fare per lavorare? ho una certa età e lavorare nelle cooperative mi sembra mortificante ed umiliante e soprattutto non vi è crescita professionale…sono stanco di chiedere piaceri per scavare o in genere di avere piccoli lavori a tempo limitato.
Dopo la laurea in storia e filosofia questa è la più inutile…mi auguro che chiuda o per lo meno che cambi radicalmente…ora elencherò solo alcuni dei motivi per cui io sono così in collera: quando finisci il tuo percorso universitario non sei archeologo…per diventarlo devi fare la scuola di specializzazioe a numero chiuso, ma non risulti esserlo comunque su nessun albo; l’università non ti informa su quali esami devi applicarti maggiormente in quanto valutati dalla scuola di specializzazione; non ti informa che la macanza di alcuni esami ti precludono la possibilità dell’insegnamento (quando lo scopri di solito hai finito è devi pagare per poter rimediare); infine l’università sa che sforna una notevole quantità di laureati/disoccupati, a questi non contenta e consapevole della loro condizione quasi disperata per la mancanza di lavoro cosa fa organizza master che per noi spesso possono sembrare degli sbocchi invece sono solo una forma di lucro legalizzata che infierisce ulteriormente sia sul portafoglio che sul carattere già provato del povero neo-dottore. Grazie un saluto da un deluso
Ciao Emanuele,
ho appena finito di leggere la tua testimonianza e mi spiace dire che é veramente scoraggiante, ma reale…
Io dopo aver interrotto gli studi del corso di laurea in beni culturali,(curriculum archeologico) a causa di un evento spiacevole e di pressioni provenienti da mia madre concernenti la cosiddetta “sicurezza economica”,ho deciso di riprendere quest’anno. Attualmente sto lavorando in un settore che é distante anni luce dall’archeologia…
Il dubbio che mi attanaglia: COME SI TROVA LAVORO?COME VIENI RETRIBUITO?QUASI QUASI CERCANO PIU’ VOLONTARI CHE ARCHEOLOGI!
Tu hai un titolo di studio di tutto rispetto,eppure sei immerso in un limbo…io la vedo dura e molto in salita anche per me…Gli anni passano e diciamocela tutta, per vivere servono i soldi e le esigenze con il crescere dell’età aumentano.
Poi leggo degli articoli che dicono che i “migliori” se ne vanno all’estero!
Il paese va a rotoli, l’archeologia é uno dei tanti settori che per primi vengono
penalizzati.
Ti auguro comunque un grosso in bocca al lupo, e spero che tu possa essere presto soddisfatto, se non altro hai seguito i tuoi sogni e non hai di che pentirti per quanto ne so ovviamente.
Ciao
Wilma
Ciao Wilma,
ho appena letto (per puro caso) le vostre 2 mail, e quando ho vistoil tuo accenno ad andare all’estero non ho potuto fare a meno di rispondere. Io ho fatto lettere con indirizzo archeologico e poi sono venuta in germania a fare il dottorato. Da due anni ho finito e purtroppo ho dovuto cedere alla realtà e trovare un lavoro in un altro campo (redattrice). è un lavoro bello e gratificante, solo che dopo aver studiato per tanti anni in un campo vorresti anche lavorarci e capisco perfettamente Emanule che, pur continuando in qualche modo a farlo, non si sente gratificato (no, hai ragione, in cooperativa non si può crescere).
Io devo dire che qui in Germania ho avuto tantissime possibilità che in italia non mi sarei mai sognata, ma è anche vero che alla fine, dopo il dottorato (o gli studi) sei lasciato a te stesso e nessuno sembra ricordarsi di tutti gli scavi a cui hai partecipato o i progetti che hai portato a termine con l’università. E perché? perche dopo vorresti un lavoro continuativo e diciamocelo, in questo campo, nella maggior parte dei casi, non c’è. il nostro è un lavoro di lusso, e lo fa solo chi può permettersi anni e anni di sostegno dai genitori per poter comunque rimanere in “vista” nel campo scientifico tramite piccole borse e lavoretti, solitamente non pagati (sono reduce da un seminario tenuto gratis…).
L’unica cosa però che non mi fa rimpiangere il percorso fatto sono gli anni bellissimi che ho passato in questo mondo stupendo che è quello dell’archeologo, che non avrei avuto se fossi andata subito a fare qualcos’altro.
Ecco, tutto qua.
Una piccola nota per emanuele: io, pur avendo fatto lettere e gli esami in più per l’insegnamento, comunque mai mi sognerei di fare anche un’altra scuola (la Sis)… ma quando si comincia anche a lavorare?!
hai ragione comunque, è un sistema imbarazzante, e ormai estremamente svalutato tramite tutti questi corsi e corsetti di 3 anni, che sinceramente fanno perdere di valore a qualsiasi “laurea”.
Vabbè, faccio anch’io un grosso in bocca al lupo… atutti noi!
Salve, sono Michele Tosto, autore dell’articolo sul mestiere dell’archeologo. A partire da oggi (25 aprile) il nostro giornale ha avviato una inchiesta nella quale abbiamo raccolto varie testimonianze di archeologi.
Sarei grato a tutti voi se voleste contattarmi attraverso l’email redazionale che troverete sul nostro portale (www.rivistaonline.com) per raccontarmi personalmente (ed eventualmente pubblicare) le vostre esperienze.
Perchè le cose cambino anche la più piccola segnalazione potrebbe essere utile.
Michele Tosto
Cara Mara,
ho terminato da 2 anni uno di quei “corsetti” di 3 anni in Cultura e amministrazione dei beni culturali; e non mi sembra giusto svalutare così anni di studio.
Per Emanuele il tuo stato di angoscia è percepibile in tutti i settori che riguardano i beni culturali poichè il nostro paese non riesce a sfruttare questi come una risorsa economica. Mi sono resa conto di non poter continuare in campo archeologico al momento della tesi in archologia, eppure vivo in Campania una regione con numerosissimi siti archeologici in continuo scavo.
Good luck italian archaeologists
Ciao a tutti,
sono Davide uno di quelli che, come dice Wilma, non ha potuto fare l’archeologo perchè bisogna guadagnarsi il pane.
Mi sono laureato in economia e lavoro in banca. Nel tempo libero, famiglia a parte, sono ricercatore privato.
Da una decina di anni curo uno studio sull’archeologia del paesaggio nell’area torinese e adoro il periodo classico.
Per me è troppo tardi per convertire/integrare l’indirizzo dei miei studi.
Ho amici archeologi e magari è uno dei tanti pensieri da profano: voi che amate il vostro lavoro e avete studiato per quello NON MOLLATE!
Trovo che quella di Michele sia una buona idea, in attesa di una legislazione coerente.
Anzi sarei ancora più drastico nel dire che articoli di denuncia sarebbero auspicabili per quelle cooperative e sopraintendenze che non si comportano correttamente – quella piemontese di torino è una di queste.
Aggiungo e termino: la legge non basta se non è integrata con linee programmatico strategiche e con una conseguente gestione manageriale e finanziaria dei progetti di ricerca su cui si lavora.
Ovviamente un porgetto di scavo archeologico deve quanto meno coprire le spese sostenute.
In Italia, il TU 490 del ’99 (art. 86) prevede la concessione di ricerca ad enti terzi e c’è quindi la la possibilità (non sto dicendo che è facile…) di reperire fondi di finanziamento e di eseguire scavi archeologici senza passare direttamente da cooperative che sviliscono la vostra unica e insostituibile professionalità.
Vi prego di correggermi se ho detto cose sbagliate e vi faccio un in bocca al lupo per le vostre scelte future.
Davide
mi chiamo paola,ho 14 anni e la mia passione e l archeologia sin da pikkola..ma sn venuta a sapere tutte queste cose mi hanno scombussolata..voi che siete archeologhi..cosa mi consigliate?? vi prego rispondetemi..