La Forza del Bello. L’arte greca conquista l’Italia…e i visitatori!
Nella splendida cornice di Palazzo Te a Mantova è allestita fino al 6 luglio 2008 la mostra “La forza del Bello“, che vede tra i curatori Salvatore Settis. Scenario migliore non poteva essere trovato: le sale di Palazzo Te sono tutte affrescate con rappresentazioni di miti (alcune sono addirittura citazioni dell’antico, delle “Grottesche”, le decorazioni parietali che Raffaello a suo tempo aveva veduto dipinte sui soffitti della Domus Aurea a Roma). In questa cornice, quindi, sullo sfondo di ambienti che già evocano un passato classico, la presentazione di opere dell’arte greca – scultura in marmo e in bronzo, pittura vascolare – e romana – copie in marmo di opere greche, dipinti parietali – si inserisce benissimo: contenuto e contenitore sono fusi in un insieme omogeneo e il risultato è, per così dire, “naturale”.
Tre le sezioni in cui si articola la mostra, mirate a vedere la ricezione dell’arte greca già nell’Italia antica, in Roma e infine nel Rinascimento. La prima sezione infatti, “Un’Italia greca”, si apre con alcuni kouroi, statue maschili di età arcaica (VI sec. a.C.) tra cui l’Apollo Milani, alcuni esempi di pittura vascolare come il Cratere di Talos da Ruvo di Puglia, il Cratere di Vix e la piccola statua bronzea di Zeus. L’arte greca è presente su suolo italico fin dal VII secolo a.C., apprezzata da sempre per la sua capacità di narrare il mito e di mostrare il Bello, l’umano e il divino. Proprio questi caratteri faranno la fortuna dell’arte greca nei secoli a venire.
E’ a Roma infatti che l’arte greca viene maggiormente apprezzata: in Italia giungono originali greci, ma le opere più famose e belle vengono copiate e vanno ad adornare case e giardini. A volte alcuni modelli vengono riadattati per una funzione precisa: è il caso dell’Efebo portalampada da Pompei; a volte artisti greci giungono per realizzare le loro opere: è il caso dei tre scultori (Athenadoros, Agesandros e Polydoros) che da Rodi vengono in Italia a realizzare l’apparato scultoreo della Grotta di Sperlonga, villa dell’imperatore Tiberio (in mostra la testa di Ulisse).
La fortuna dell’arte greca, tramandata dagli scrittori latini fa sì che nel Rinascimento rinasca il collezionismo di scultura antica, con l’importazione anche di opere dalla Grecia. Lo Spinario e l’Idolino di Firenze sono due esempi di come l’arte antica fosse tenuta in gran conto: l’Idolino addirittura, che in età romana era stato realizzato con funzione di portalampada, mero oggetto d’arredo seppur di valore, nel 1530, quando viene scoperto a Pesaro, viene posto nel centro della Corte del palazzo del suo proprietario, come opera d’arte eccezionale e meritevole di essere esposta.
Infine, arrivando alle epoche più recenti, la testa Weber-Laborde (testa femminile dal frontone Ovest del Partenone) testimonia lo spoglio del Partenone cominciato dopo che nel 1687 il generale veneziano Morosini lo fece bombardare, e il Cratere di Euphronios, appena rientrato in Italia (v. qui), e significativamente posto come opera conclusiva della mostra, sotto sotto ci vuole dire come questa “Nostalgia della Grecia” sia ben viva ancora oggi e si serva di mezzi poco leciti per essere soddisfatta.
Mostra riuscita, i pezzi esposti sono notevoli, e soprattutto è notevole poter ammirare opere greche originali (la Niobide, il Cratere di Euphronios) e così importanti per la storia dell’arte greca (anche se alcuni esemplari, come il Cratere di Vix, la lastra dal Mausoleo di Alicarnasso e la testa Weber-Laborde sono calchi dagli originali): rimane la sensazione i essere davanti a qualcosa di unico e irripetibile, di cui si subisce irrimediabilmente il fascino: e il titolo della mostra, la forza del bello, è veramente azzeccato.
Marina Lo Blundo
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