Cina – alla corte degli imperatori. Capolavori mai visti
L’arte cinese è in Italia fino all**‘8 giugno 2008** con una mostra a Palazzo Strozzi, Firenze, volta ad illustrare al grande pubblico l’età dell’oro della Cina, l’epoca delle dinastie Han e Tang (25-907 d.C.).
Il percorso si apre con un’imponente statua di Buddha seduto e prosegue in un’esposizione cronologica e tematica che affronta i vari aspetti della società e della religiosità prima Han e poi Tang.
La I sala si concentra sull’arte funeraria propria della dinastia Han: un animale fantastico a protezione della tomba, una processione di statue di bronzo, quale guardia d’onore di una tomba a Wuwei, lungo la Via della Seta, modellini di edifici quali simbolo della ricchezza del defunto.
Dalla II sala si tratta il tema della religiosità, in particolare dell’arrivo del Buddhismo dal V-VI secolo, che influenza enormemente l’arte, in modo eclatante quando diviene religione di stato sotto l’imperatrice Wu Zeitian (690-705), dinastia Tang: una stele-pagoda a 5 piani scolpita a rilievo con scene della vita del Buddha, statue di Buddha nelle più varie attitudini, su vario supporto e di dimensioni svariate, caratterizzano questa fase dell’arte religiosa, che andrà a interrompersi nel IX secolo in seguito alle persecuzioni dei Confuciani.
Durante la dinastia Tang l’apporto culturale di genti straniere influenza l’arte cinese, e il gusto per l’esotico si diffonde enormemente, nell’interesse per la rappresentazione di figure umane, con caratteri somatici non-cinesi e perciò diversi, diversi.
Infine si pone l’attenzione sugli interessi salienti dell’aristocrazia: le donne, la musica, il cavallo; i dipinti parietali che rappresentano una donna che gioca con un’oca e due stallieri che tengono a freno un cavallo (opere degli anni 665 e 666) sono emblematici dell’abilità raggiunta dagli artisti nel rappresentare la figura umana e animale.
Mostra ben congegnata, si apre con opere sensazionali per imponenza e bellezza, perde un po’ di tono nell’esposizione, quasi fosse un mero elenco, di statuette di Buddha e dei Bodhisattwa, per riprendersi sul finale con lo splendido dipinto dei due stallieri col cavallo. L’apparato didascalico è abbastanza completo, ma le didascalie a corredo delle opere, per la loro posizione, a portata di bambino, e per l’illuminazione delle sale, non sempre ottimale per leggere, risultano di difficile, o meglio, faticosa lettura. Inoltre vengono date per scontate alcune nozioni (come il significato di bodhisattwa… almeno, io non l’ho trovato). Al di là di questo, la mostra di Palazzo Strozzi costituisce senz’altro un’occasione importante per cominciare a conoscere una civiltà, quella cinese, ancora poco nota al grande pubblico.
Marina Lo Blundo