Inizia la campagna di scavi al Castello di Sant’Angelo di Castiglione (AQ)

L’AQUILA – Sui resti del Castello Medioevale di S. Angelo (?) di Castiglione, sulle montagne di Tornimparte, è partita la quarta campagna di scavi archeologici a cura della cattedra di Archeologia Medioevale dell’Università dell’Aquila, diretta dal Prof. Fabio Redi in collaborazione con l’Associazione Culturale “Acquaviva” di Tornimparte. Le precedenti campagne di scavo hanno portato alla luce un’ imponente “struttura”, nonchè un’ enorme quantità di “oggetti”, armi, “palle di pietra” per catapulta, suppellettili, punte di freccia e una lancia, testimonianza delle numerose vicende belliche subite dalla fortezza

L’ultima campagna di scavi – riporta il quotidiano il Centro – ha dimostrato che i resti del castello normanno di Tornimparte, per i locali noto come “Ju Castellacciu” è ciò che resta di una fortezza recintata in uso probabilmente dal XII al XV secolo: “prima in epoca normanna e poi angioina”. «Dagli studi condotti sul territorio» ha spiegato sullo stesso quotidiano il direttore dello scavo, Fabio Redi «abbiamo potuto constatare che la struttura del castello è di epoca normanna, ma sono evidenti anche tracce ANGIOINE». Desta stupore che, nel riferire i dati dello studio archeologico, sia stato escluso in maniera sconcertante il principale protagonista del territorio Amiternino: l’ovvio Federico II di Hohenstaufen. La storia si manifesta in tal modo (forse involontariamente) fittizia, a cominciare dal toponimo individuato in “S. Angelo”. Il prof. Alessandro Clementi, nel suo volume “Amiternum dopo la distruzione” (edizioni Colacchi), riporta documenti e fatti illuminanti, atti a diradare le confuse e torbide nebulose sul diruto. Le vicende del castello di San Silvestro di Pietrabattuta (non S. Angelo, dunque, le indicazioni toponimiche, fin dal secolo X, danno notizia di un S. Silvestro ubicato in quelle zone), si intessono intimamente con i fatti storici del territorio Amiternino, proprio nel momento più acuto derivante dalla tirannia nella quale era sprofondato anche questo territorio con un feudalismo parassita e soffocante fatto dalla consociazione dei baroni normanni e i famigli inseriti nel clero. È l’epoca in cui, con i Normanni, riprende vigore l’incastellamento. Dal “Catalogo Baronum”, il castello di San Silvestro risulta essere assegnato ai signori normanni di Poppleto (Coppito), ultimi ostinati ribelli della repressione sveva. Si dovrà attendere, infatti, il re Federico II, con la sua sufficiente forza bellica, per il tentativo di smantellamento.

La fine del dominio normanno fu sostituito da quello svevo. Tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo, i signori di Poppleto tenteranno di resistere alla forza travolgente di Federico II. I più puniti dalla violentissima repressione imperiale, furono i conti di Coppito. Nel mese di giugno del 1228, l’esercito dello svevo si scatena contro i signori, togliendo loro Coppito ed alcuni castelli. È la fase che preannuncia la nuova stagione del territorio amiternino: la fondazione di Aquila. Per questo motivo appare sconcertante, nello studio del diruto, l’aver omesso un momento cruciale della nostra storia.

A partire dal 1228, Federico II riordina il sistema dei suoi castelli. Ordina di distruggerne un certo numero e nomina un burocrate soprintendente in suo nome alla loro custodia. Alcuni li pone sotto il suo stretto controllo, altri sono da riparare tracci, appunto, quello sulle montagne di Tornimparte (S. Silvestri que sunt ibi convincine). Nel 1231, da Melfi, dettò e fece edigere il Libro Augustalis, con le note costituzioni che toglievano dubbi a tutti che sarebbe stata lotta senza quartiere*. Non si può, dunque, prescindere dalla guerra guerreggiata tra Federico II e Papa Gregorio IX per il dominio di una zona nevralgica come era in quel momento l’Amiternino e alla distruzione di questi castelli, che messi in essere dai Normanni, costituivano il caposaldo di un potere religioso-militare del papato. I territori furono sorvegliati da una maglia castellana federiciana che parte da Antrodoco, si diffonde nella piana amiternina e prosegue lungo la Valle Subequana. Con l’imposizione di riunire i castelli sparsi in un unica città nacque Aquila. Il controllo di Federico II nella piana aquilana sarà strettissimo, come dimostra una lettera con data 1 febbraio 1240 che l’imperatore svevo inviò B. Pisciano Giustiziere d’Abruzzo.

Per qualunque rocca Normanna delle numerose presenti nella provincia dell’Aquila, nel momento in cui si fanno ricerche archeologiche, si troverà conferma di quelle lotte, di quell’abbattimento imposto da Federico II che negli anni trenta del XIII secolo portò alla gloriosa fondazione di Aquila.

Fonte:

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Ultima modifica 2007/07/29