I Fenici, "global" ante litteram

Gli studi condotti da Iscima-Cnr sulla scia di Sabatino Moscati hanno messo in luce il carattere “panmediterraneo” di questo popolo. Dalla libanese Sidone alla sarda Pani Loriga, gli archeologi del Cnr svelano i rapporti con le etnie locali

La cultura dei Fenici, grandi “navigatori” del Mediterraneo non era “monolitica”, ma sfaccettata e frutto dell’interazione con i popoli con cui essi vennero in contatto. Come nel caso della popolazione sarda, partecipe sin dalla metà dell’VIII secolo a. C. della vita sociale della colonia fenicia. A delineare questo nuovo aspetto e il rapporto “dare-avere” della gente fenicia con le altre civiltà, sono alcune ricerche dell’Istituto di studi sulle civiltà italiche e del Mediterraneo antico (Iscima) del Consiglio nazionale delle ricerche, presentate l’11 ottobre a Roma nel convegno: “Nuove luci sul Mediterraneo” in occasione del decennale della morte di Sabatino Moscati.

Massimo studioso della civiltà-fenicio punica, fondatore nel 1969 di un Istituto del Cnr poi confluito nell’Iscima, negli anni “60 Moscati mise a fuoco una popolazione fino ad allora ricondotta, in maniera semplicistica dall’archeologia classica e biblistica, ai pagani dell’Antico Testamento e ai nemici di Roma. Moscati ne ricercò in Oriente e in Occidente le tracce, gli itinerari di espansione, gli insediamenti e le varie manifestazioni.

“Se in quegli anni le indagini miravano a precisare rigidamente l’identità dei Fenici, a distanza di quasi mezzo secolo lo sviluppo degli studi segue una logica più dinamica, privilegiando l’interazione tra i popoli”, spiega Paolo Xella dell’Iscima-Cnr. “In parallelo con le ricerche avviate nella Penisola Iberica, in Sardegna sono stati avviati gli studi nel Sulcis e nell’Oristanese. Nel primo caso le indagini al tofet (luogo di sepoltura) di Sant’Antioco hanno evidenziato strette relazioni con i sardi, come dimostrato anche dalle ricerche avviate al Nuraghe Sirai e a Monte Sirai, dove la compresenza di elementi fenici e indigeni è attestata anche per il VII e il VI sec. a.C. Nell’Oristanese, le evidenze di Monti Prama, alle spalle di Tharros, sono un importante indizio delle interazioni tra le comunità sarde e il mondo fenicio, portatore di nuovi stimoli culturali, ma anche di forti spinte di rinnovamento sociale”.

Nell’isola di Mozia, in Sicilia, gli scavi nel locale tofet hanno fornito un contributo fondamentale per la comprensione del rito del sacrificio di bambini. I dati hanno infatti dimostrato che la presenza di corpi di neonati nei tofet non è legata all’usanza di bruciare i bambini morti alla nascita, ma a una deliberata offerta di esseri umani alla divinità, legata a fasi di particolari crisi di carattere pubblico e privato. Le uccisioni erano comunque limitate a un paio all’anno.

La civiltà fenicia, nelle sue manifestazioni “panmediterranee” viene “monitorata” dall’Iscima-Cnr attraverso casi-campione che vanno dalla fenicia Sidone alla sarda Pani Loriga, dal santuario di Althiburos, nel cuore della Tunisia, alle manifestazioni neo-puniche tarde dei siti algerini.

Fonte: Consiglio Nazionale delle Ricerche


Ultima modifica 2007/10/15