Allo studio l’antica birra dei Celti

Franco Prada ci segnala una notizia curiosa:

Assegnato al Museo Giovio uno studio nazionale sull’antica birra

UNIVERSITA’ DELL’INSUBRIA

Antichi mastri birrai fanno celebre Como nel mondo. Nelle aree occupate dalle popolazioni di stirpe celtica, la ‘bionda‘ era, con il sidro e l’idromele (nato dalla fermentazione di miele diluito in acqua), la bevanda più gettonata.
Da una decina d’anni – con numerose attività rivolte al grande pubblico – il laboratorio di archeobiologia del Museo Giovio di Como studia la birra grazie a un gemellaggio con Pombia (Novara), luogo di ritrovamento delle più antiche tracce di birra italiana, in un’urna cineraria del VI-V secolo a.C. In un piccolo bicchiere ritrovato ancora diritto nella necropoli di Quara, venne, infatti, raccolto un residuo secco che le analisi coordinate dal direttore del museo comasco Lanfredo Castelletti hanno indicato come birra. Accertarono infatti la presenza di una massiccia concentrazione di pollini di cereali e granuli di luppolo. Una birra d’orzo, insomma, di oltre 2.500 anni fa, forse la «cervisia» o «cervogia» di cui erano ghiotti proprio i Celti. Una birra di accezione ‘moderna’, ossia di buona gradazione, ottenuta per fermentazione di cereali (anche fumigati) e aromatizzata con erbe. Oltre alle chiare implicazioni di carattere storico-archeologico, questa scoperta ha contribuito a definire per la prima volta in ambito europeo l’utilizzo del luppolo, probabilmente raccolto allo stato selvatico, nella fabbricazione della birra, mai così anticamente attestato in Europa.
Ora quelle analisi sono divenute un modello di eccellenza: sono state adottate per studiare reperti analoghi. L’Università dell’Insubria ha infatti scelto il laboratorio del museo comasco per sviluppare uno studio nazionale sul tema dopo che già lo scorso anno erano stati analizzati a Como i primi reperti di birra antica provenienti dal Lazio. «Dopo il caso Pombia al Piemonte la birra archeologica ha portato benefici economici tant’è che la storica azienda Menabrea ha istituito una borsa di studio biennale per studi sull’antica bevanda», dice Castelletti. Sarà ora la professoressa Sabina Rossi del dipartimento di Scienze fisiche e matematiche della facoltà di Scienze ambientali dell’Insubria a coordinare le ricerche lariane sulla birra. «E’ una specialista in pollini, settore che ha specificato ulteriormente la vocazione del nostro laboratorio. Sono stati proprio i pollini a darci l’idea illuminante che i reperti di Pombia erano in realtà birra. Ora la ricerca dovrebbe svilupparsi nell’identificare altri residui di birra in recipienti del 1.000 avanti Cristo. E avremo ricadute interessanti sul territorio. Ci interessa infatti come museo non solo la ricerca ma anche la didattica e quindi torneremo a proporre laboratori didattici, soprattutto per le scuole, dedicati a tutte le bevande fermentate che nell’antichità erano di uso abituale».
Il progetto dell’Insubria prevede di perfezionare le migliori tecniche di laboratorio di estrazione pollinica per creare un protocollo standardizzato che risulti il più idoneo a essere applicato a residui secchi o umidi di bevande provenienti dagli scavi archeologici e che possa trovare facile applicazione in svariati contesti. Queste tecniche permetteranno anche di capire se i residui provengono da solidi o liquidi fermentati e, nel caso di liquidi, di differenziare i diversi tipi di bevande. La ricerca si concentrerà essenzialmente sui contenuti dei recipienti in ceramica ritrovati nelle necropoli protostoriche e di epoche successive, materiale che, tra i reperti archeologici a disposizione, solitamente caratterizzato da un migliore stato di conservazione. Si andrà dall’età del Bronzo (tarda età e Bronzo finale) alla fine dell’età del Ferro e dell’età Romana in Liguria, Piemonte e Lombardia.

Fonte:
www.corrierecomo.it


Ultima modifica 2007/10/29