Cibo per la mente. Apre la stagione al riparo Dalmeri
  "C'erano una volta 265 pietre dipinte con l'ocra rossa. Una di esse recava l'effigie di una misteriosa figura, forse umana, forse sciamanica. Tredicimila anni fa il luogo ove le pietre svolgevano qualche funzione rituale, era un preistorico riparo che entrava per trenta metri sottoroccia, immerso negli ombrosi boschi a milleduecento metri di altitudine, al confine fra gli odierni Veneto e Trentino, sull'Altopiano della Marcesina. Ai tempi nostri il cosiddetto Riparo Dalmeri è divenuto un sito archeologico di rilevante importanza per la storia locale, alpina ed europea. 




  Oggi alle ore 14 vi si inaugura la nuova stagione estiva di attività di animazione e divulgazione, grazie agli appassionati operatori del Muse di Trento. Il Riparo Dalmeri prende il suo nome dallo studioso trentino che ne scoprì e riconobbe i significati, Giampaolo Dalmeri, che, nella primavera del 1990 individuava il sottoroccia in cui venne eseguito un primo sondaggio manuale. 




  Le evidenti ed entusiasmanti tracce della presenza dell'uomo diedero il via a una serie di indagini stratigrafiche, proseguite fino al 2009. Le ricerche furono condotte dalla Sezione di Preistoria dell'allora Museo Tridentino di Scienze naturali, poi divenuto Muse.Il sito è stato scavato e i materiali ivi ritrovati sono stati studiati quindi per un ventennio. 




  "Dopo 19 anni di scavi e inventariazione, di studi e articoli scientifici pubblicati, oggi resta ancora molto lavoro di studio da fare "“ ci spiega Elisabetta Flor, la curatrice delle attività divulgative in loco." Ad esempio resta molto da analizzare nelle faune antiche , alle quali si sta dedicando in questi mesi un giovane dottorando." 




  Le "faune" sono i resti degli animali predati ritrovati nei siti umani; al Dalmeri in particolare stambecchi. Il sito del Riparo Dalmeri è stato di notevole rilevanza perché, per la ricchezza e la buona conservazione dei ritrovamenti, ha consentito di comprendere le abitudini e le modalità di sfruttamento del territorio montano da parte di uomini preistorici del periodo cosiddetto "epigravettiano", datato a circa 13.000 anni fa. La successione stratigrafica dell'intero deposito di riempimento, che interessa l'arco cronologico tra la fine del Pleistocene superiore e l'Olocene, ha uno spessore complessivo di circa 4,5 metri. 




  La scoperta più eclatante è stata l'individuazione di una struttura (capanna circolare) interpretata dagli archeologi come abitativa. La cosa più affascinante però restano quelle meravigliose 265 pietre dipinte, che evocano una spiritualità ancestrale, di uomini immersi in un immaginario e in una relazione con la natura alpina totalmente altri dai nostri. Si tratta del più ricco corredo di pietre dipinte mai rinvenuto nei siti preistorici europei. Oggi si inaugura, dicevamo, la nuova serie di iniziative, che avranno luogo dalle 14 alle 17. La Giornata Archeologica di inaugurazione odierna sarà una vera e propria festa, per adulti e bambini, con rievocatori storici, sciamani in azione, visite guidate al sito, attività didattiche e di intrattenimento come il tiro all'arco, attività con l'ocra rossa e la lettura di avvincenti storie che hanno come protagonisti i nostri antenati. 




  Resta una sfida aperta per questo luogo magico, bello ma di confine, marginale: la sua valorizzazione culturale e di conseguenza anche turistica, che richiederebbe ad esempio la riapertura del piccolo ma prezioso Centro di interpretazione del territorio aperto nel 2011 e affidato fino al 2013 al Muse e al momento chiuso. Il vicino Rifugio Baracca è stato da pochi anni felicemente ristrutturato, il Riparo

è un luogo di grande interesse culturale, il paesaggio dei pascoli, la naturalità del luogo così come gli intrecci con la Storia sono interessanti. Chissà se le amministrazioni venete e trentine sapranno dialogare per creare valore anche economico da un grande valore naturale e culturale."

Articolo originale:

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Ultima modifica 2015/07/07