“I colori dell’archeologia” in mostra a Roma

Dal 18 dicembre 2009 al 28 febbraio 2010 sarà possibile visitare la mostra “I colori dell’archeologia. La documentazione archeologica prima dell’introduzione della fotografia a colori (1703-1948)” allestita presso il complesso monumentale delle Terme di Diocleziano.

La mostra vuole spiegare al pubblico come, prima dell’avvento della fotocamera digitale e, ancora prima, delle foto a colori, gli archeologi potessero documentare le loro scoperte archeologiche, in particolare quelle, come i dipinti murari, che necessitavano per lo studio e per la ricerca, di immagini a colori aderenti al vero.

La registrazione del dato archeologico, quindi la raccolta di una minuziosa documentazione grafica sono tuttora momenti fondamentali e imprescindibili dell’attività sul campo di ogni archeologo, anche in presenza di sofisticate apparecchiature fotografiche. Oggi, chiaramente, la fotografia aiuta nell’analisi e nella comprensione del manufatto, ma quando le fotografie non esistevano ancora, si era costretti ad agire in altro modo. All’epoca esistevano figure professionali come gli acquerellisti che oggi non sono più accanto all’archeologo sul cantiere di scavo. Il disegno archeologico diventava così quasi un’opera d’arte. La mostra raccoglie così preziosi documenti offerti dall’Archivio di Stato di Roma, dal Deutsches Archäologisches Institut in Rom e dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio.

I documenti presentati vanno dalle prime creazioni quasi artistiche della metà del ‘700, che si fanno via via più scrupolose nel corso dell’800 e che, con l’avvento della fotografia in bianco e nero agli inizi del ‘900 diventano un supporto alla documentazione grafica ormai pienamente scientifica.

La mostra si rivela interessante anche perché presenta il caso romano, che è solo uno dei tanti nel panorama della storia dell’archeologia italiana: esempi fuori di Roma si possono ritrovare infatti a Firenze, dove furono dipinte su tavola le tombe etrusche, tavole che dovevano essere esposte al Museo Archeologico di Firenze per documentare al pubblico del museo le tombe dipinte; un altro caso, in Liguria è quello di Nino Lamboglia, che per avere ben chiara la successione stratigrafica degli strati, in un’epoca in cui il metodo archeologico moderno doveva ancora formarsi, colorava i differenti strati delle sue sezioni utilizzando la terra proveniente da quegli stessi strati. Colori più reali di quelli non potevano esserci, e la documentazione era assolutamente scientifica.

Tornando alla mostra, in essa si presentano in particolare quattro importanti casi di studio: il ciclo pittorico con scene dell’Odissea, trovato all’Esquilino, i mosaici e le pitture della Villa della Farnesina a Trastevere, avanzi di un’antica villa sul Pincio e resti di una parete affrescata, forse nella zona della Stazione Termini.

Per ulteriori info consultare la pagina web della mostra, molto curata, al sito della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma: <http: ada="" attivita="" colori.html="" pubblicazioni="" studiricerche="" www.archeorm.arti.beniculturali.it="">


Ultima modifica 2009/12/03